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POINTS NORTH POINTS NORTH (Magna Carta) Secondo omonimo album per la band americana che s’è fatta un nome facendo da supporto ad arti- sti come Eric Johnson, Al Di Meola, Pat Travers e Michael Schenker, e che vede Eric Barnett alla chi- tarra (Kenny Vance, Offspring, Jeff Buckley) con Uriah Duffy al basso (Whitesnake), Kevin Aiel- lo alla batteria. Points North si svolge con scioltezza per 11 brani tra hard e progressive di marca statu- nitense, come l’incisiva opener Ignition. Facile e immediato il riferimento a gruppi stori- ci come Kansas (Colorblind, unico pezzo cantato del disco) e Dixie Dregs (Foxes & Co- ugars), con riferimento ai quali ci pare che l’ottimo Barnett, per stile e tecnica, debba più di qualcosa a Steve Morse, pur distinguendosi per un approccio solistico più lirico. Alternate a un aggressivo e impegnativo prog, nel disco troviamo anche delle ballad, che, a dispetto dell’ispi- rato solismo di Barnett, stupiscono per banalità compositiva (Child’s Play, Rites Of Passage), men- tre Northstar è quasi AOR, ma senza cantato. Dopo la latineggiante sospensione acustica di Harle- quin, arriva un bel brano degno dei Rush di La Villa Strangiato (su Hemispheres, 1978): negli oltre 7 minuti di Turning Point (La Villa De Villers) Barnett a più riprese decolla in assolo, ora spumeggian- te ora contemplativo, sulle quasi-vamp che questa band predilige come contraltare a temi comples- si e serrati obbligati. Bruciante la breve e conclusiva Killer Pounder. Gruppo interessante, ma anco- ra un po’ acerbo, con un chitarrista da tenere d’occhio e un bassista interessante. Fabrizio Dadò TOMASZ ANDRZEJEWSKI UNIVERSUM (Jam Session Productions) Chitarrista polacco di talento, compositore e arrangiatore, Tomasz Andrzejewski confe- ziona per il 2015 il suo terzo album in studio con ben 10 brani strumentali e 2 bonus track. Tanti ospiti del calibro di Brett Garsed, Marco Sfogli, Fabrizio Leo e Alex Argento alle ta- stiere arricchiscono con pregevoli interventi solisti le composizioni. L’album apre con la title track e già dalle prime battute si nota la precisione tecnica e la va- rietà nello sviluppo dei temi. Muovendosi con disinvoltura tra diversi stili musicali, dal me- tal epico di Universum alle rock ballad di Let’s Stay e Lost Soul, Andrzejewski esprime le sue influenze sfruttando le tecniche più avanzate del nostro strumento. Sky Or Die lascia spazio ad atmosfere più intime, con efficaci arpeggi di chitarra acustica che fanno da sfondo alle melodie; da sottolineare anche l’ottimo lavoro della sezione ritmica (Grzegorz Goły al basso e Marcin Kisiel alla batteria) nel mettere in risalto tutti i passaggi. Si prosegue con l’hard di Italian Heart e Return To ‘80s per arrivare all’armonia modale di Kidnapper Thoughts. Boogie Boo rende omaggio a Joe Satriani [di cui attendiamo speranzosi il nuovo disco; ndr] ed Eddie Van Halen, mentre in Andy e in Jui- ce emergono fraseggi alla Richie Kotzen e Greg Howe. Blues For You, unico brano cantato, è il meno ri- uscito con i suoi fin troppo chiari riferimenti a Gary Moore. Riccardo Turchi 57