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Anno XXII / Periodico fondato e diretto da Fabrizio Dadò IL TUTTO G DI TWAN BRENT N MASO Salvatore Russo Gypsy Io c Jazz l e 'ho, lo sw Trio ing TECNICHE CONTEMPORANEE Acoustic tapping IN PROVA Ampli da jazz Schertler Charlie Overdrive Greenhouse Roadkiller, Goldrive e booster Middleman Pedali Ibanez Mini Analog Delay, Chorus e Super Metal Chitarre acustiche VGS Rose 6 corde e Bayou 12 corde INCREDIBLE GUITAR PARTS: GUTHRIE GOVAN |
axe_giugno XXII ANNO n.211 AXE - PERIODICO PER CHITARRISTI DIRETTORE RESPONSABILE Fabrizio Dadò COLLABORATORI Michele Ariodante, Pierluigi Bontempi, Mike Campese, Vince Carpentieri, Leonardo Corsi, Luca Ferrara, Guglielmo Malusardi, Davide Mastrangelo, Stefano Menghi, Mario Milan, Alessandro Riccar- di, Matteo Roccia, Alessandro Zanoli, Marcello Zappatore. GRAFICA Alexia Masi Studio Grafico ART DIRECTOR Serena Verni ADVERTISING amministrazione@axemagazine.it Tel. 06 39376724 - mob. 339 6611843 Axe è una pubblicazione EDIZIONI PALOMINO di Dadò Fabrizio V. Giovanni Dominici, 6 - 00165 Roma Tel. 06 39376724 redazione@axemagazine.it amministrazione@axemagazine.it Registrazione Tribunale di Roma n. 05 del 09/01/95 Iscrizione ROC n. 3355 - ISSN 1593-4969 Articoli, fotografie, manoscritti, disegni, materiale discografico e audiovisi- vo,anche se non utilizzati, non vengono restituiti. È vietata la riproduzione totale e/o parziale di Axe senza espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Termini d'uso e privacy https://www.axemagazine.it/sito/privacy-policy Foto copertina: Fabio De Vincentiis www.axemagazine.it Istruzioni per l’uso Qui c'è un video da guardare Note aggiuntive Guarda le altre foto Condividi Ascolta un file audio Apri direttamente la nuova finestra web Mandaci il tuo commento |
rubriche test master class 28 NEWS DI MERCATO 04 AMPLI SCHERTLER CHARLIE 38 MIKE CAMPESE INFONDIAMO SONORITÀ DIMINUITE! 1 48 RECENSIONI: THE RAPTOR TRAIL, WILL BERNARD 50 GALLERY: GIBSON THE SG STANDARD, FINE ANNI ‘70 10 PEDALI GREENHOUSE 40 ALESSANDRO RICCARDI ROADKILLER, GOLDRIVE INCREDIBLE GUITAR E MIDDLEMAN PARTS: GUTHRIE GOVAN 16 CHITARRE 42 VINCE CARPENTIERI VGS B-40-12CE E R-10 BRENT MASON. TUTTO IL TWANG DEL POP 24 PEDALI IBANEZ CSMINI CHORUS, 44 LEONARDO CORSI ADMINI ANALOG DELAY TECNICHE E SMMINI CONTEMPORANEE - SUPER METAL ACOUSTIC TAPPING Salvatore Russo: Introduzione al Gypsy Jazz pag.30 i s u cis R ti E RUSSO m SALVATO 30 E C L’H G O ! , IO WIN LO S CLI in C gr C an A dire per a la pagin PER ADVERTISING SU AXE COMMERCIALE@AXEMAGAZINE.IT TEL. 339 6611843 |
n.211 giugno 2016 amplificatore a stato solido Schertler Charlie In oltre vent’anni di ascolto delle esigenze e dei desideri dei chitarri- sti mi son fatto l’idea che la categoria più difficile da soddisfare è, quasi inspiegabilmente, quella dei jazzisti. Apparentemente baste- rebbe un buon suono clean; in realtà occorre che questo clean sia “in- crollabile”, garantito non solo al volume d’esercizio, ma anche sotto le inflessioni dinamiche, a volte poderose quanto improvvise, del plet- tro o delle dita del chitarrista. Poi, è necessario che questo “jazz amp” sia leggero, compatto e facile da tra- sportare, perché di club in club il jaz- zista difficilmente può dotarsi di per- sonale d’aiuto. Flessibilità timbrica e un buon riverbero sono auspicabili. Tut- to sembra portare a un bell’amplificatore a stato solido, proprio come il nuo- vo Charlie proposto dalla Prezzo di listino al pubblico: Schertler, probabilmente € 1.799,00 l’ampli esteticamente più elegante e completo che ci sia stato dato modo di Prezzo indicativo vedere su Axe. d’acquisto rilevato da Axe: non rilevato Info http://bit.ly/291tU51 Distribuzione http://www.schertler.com 4 BELLO E MODERNO Il design è compatto, molto elegante e ad alto contenuto tecnologico già nel- l’estetica e nella predisposizione di pre- se e controlli. Un bel indicatore VU Me- ter ellissoidale campeggia sul pannel- lo anteriore. È noto che di questi tem- pi il mercato degli ampli sia quello più sofferente del settore chitarra, e io di- co da tempo che forse è ora di cam- biare l’aspetto degli amplificatori, met- tendo da parte - almeno per il pubbli- co nato dopo il 1990 - manopolone, tolex e spie neon, senza però finire in certi look tra lavatrice e karaoke. Il mobile del Charlie è costruito in com- pensato di betulla di alta qualità (direi nautica), con una bella finitura ciliegio e una costruzione adamantina: acco- |
stamenti perfetti, viteria a vi- sta inesistente. Le parti me- talliche hanno finitura su toni di grigio contrastanti. QUALCHE DATO TECNICO Charlie è molto potente, bi-amplificato a due vie: 160 Watt RMS per il woofer da 10”, 30 W RMS per il tweeter a cupola da 1”. Il com- patto cabinet misura 53x25x41,5 cm. ed è dotato di sistema bass reflex per l’enfasi dei bassi. La griglia anteriore è in tessuto. Il pe- so è tutt’altro che contenuto: ben 24 kg.; ma, se si pensa alla potenza in gioco, ai ne- cessari trasformatori e all’esigenza di avere un ampli fermo sul pavimento e privo di vi- brazioni anche sotto le bordate di settima corda, in realtà è ragionevole. La risposta in frequenza è 40-20.000 Hz +/-3 dB. Charlie è dotato - con una nostra certa sorpresa - di un riverbero a molle an- ziché digitale. stra l’andamento del segnale in ingresso al- l’ampli sotto le nostre dita, e fa un po’ im- pressione vedere il nostro suonato reso in decibel in tempo reale. Inerenti all’ingresso abbiamo i due controlli di Impedance e Gain: MANOPOLE E PULSANTI Abbiamo accennato al (vero) VU meter illu- minato che campeggia sulla sinistra del pan- nello di Charlie con scala -20/+4 dB. Illu- 5 |
n.211 giugno 2016 il primo consente un adattamento da 22 kOhm a 2 MOhm, il secondo un adegua- mento della sensibilità all’ingresso. Sono due controlli imponenti per efficacia; muoverli mentre si suona ci fa rendere conto con gli occhi su meter e le orecchie al suono di co- me cambino repentinamente e intensamente timbro e sensibilità al tocco dell’amplifica- tore. Se il livello del segnale in ingresso fos- se troppo elevato, ad esempio per una fon- te attiva, il pulsante -15 dB applica tale ri- duzione allo stesso. Un altro pulsante appli- ca un’alimentazione phantom di 10 V a even- tuali microfoni a condensatore o a sistemi di pickup Schertler come Basik, Lydia e Stat per chitarre tipo Selmer/Maccaferri. Questo già fa capire come il Charlie sia sta- to pensato, più che per la chitarra jazz main- stream, per la chitarra elettro-acustica in senso lato, pensando alle tecniche di ripre- sa miste magnetico/contatto/mic adottate oggi dai chitarristi più esigenti e tecnologi- camente più evoluti. La sezione EQ è servita da controlli attivi di alti, medi e bassi, con zero centrale e azio- ne di +/- 15 dB sulla fascia di frequenze in- teressata. Chiude la sezione EQ il pulsante Warm, che 6 inserisce un filtro passa-basso disegnato per “scaldare” il suono di pickup come il citato Stat, un microfono elettrostatico inserito al- l'interno di un trasduttore in sughero e fibra di cotone da posizionare tra tavola armoni- ca e ponte sulle chitarre gypsy. L’effetto su chitarre dotate di normali pickup magnetici è molto simile a quello della chiusura totale del tono. Passando alla sezione loop, abbiamo send (mono) e return (stereo) con prese jack e controlli individuali di livello. C’è una presa XLR dell’uscita diretta bilanciata, con con- trollo di livello e pulsante Dry/DI per sele- zionare se inviare all’uscita il segnale prele- vato prima o dopo la sezione EQ. La presa jack Insert permette di collegare, ad esem- pio, un compressore o equalizzatore ester- no per la correzione finale del sound. Infine abbiamo la manopola di regolazione del riverbero, del volume Master, con pos- sibilità di Mute tramite l’apposito pulsante. Quindi praticamente tutte le dotazioni sono disponibili comodamente sul frontale. Sul posteriore troviamo interruttore di accen- sione, selettore di voltaggio e frequenza di rete, pulsante Ground Lift da usare in caso di presenza di ronzio nel suono. |
VEDERE IL TOCCO È il momento di provare Charlie con la chi- tarra. Come accennato, la versatilità di que- sto ampli è già rappresentata dai controlli Impedance e Gain connessi all’input. Sen- za neanche conoscere il senso elettrico dei due controlli, la loro interazione con il nostro playing e il suono che ne esce è immedia- to nella constatazione pratica. Personal- mente ho cercato di mantenere l’indice del VU meter al di sotto dello 0 ma dando con- sistenza al tocco in modo da tenerlo vicino a metà scala. Peccato che la Casa svizze- ra non fornisca maggiori dettagli sull’uso dei controlli; il manuale è un po’ scarno in ef- fetti e solo en passant fa capire che alcune funzioni sono pensate in definitiva per la chi- tarra acustica amplificata da gypsy jazz, for- se più che per l’elettroacustica da jazz clas- sico. È giusto tuttavia che la Schertler ab- bia messo in conto un genere oggi così ap- prezzato e che rappresenta la metà europea di una tradizione troppo spesso identificata solo con gli USA. Ciò detto abbiamo proceduto al test senza timori né problemi, dal momento che Char- lie si è rivelato un amplificatore sofisticato e allo stesso tempo semplice nell’uso, com- pleto per tutte le esigenze anche aldilà del- l’immaginazione media. I controlli di tono sono molto ben calibrati ed estremamente efficaci nell’azione finalizza- ta a costruire qualsiasi, ripeto qualsiasi, tim- bro possibile nell’ambito jazz: elettrico, pie- no e caldo alla Wes Montgomery, più nasa- le e asciutto da big band, quasi acustico an- che se si sta usando un humbucker Gibson, fino a setting “asettici” da avanguardia. Il 7 |
n.211 giugno 2016 suono resta sempre pulito, con un’ampia possibilità di escursione dinamica ed eleva- ti livelli di volume. Ammirevole la resa in bas- so sulla settima corda, che resta perfetta- mente definita, e in generale sulla cruciale gamma medio-bassa, di cui l’ampli rende analiticamente il contenuto armonico. Fedelissima l’uscita DI, che abbiamo testa- to su un impianto in contemporanea all’uso di Charlie per verificarne la perfetta somi- SCHERTLER CHARLIE Materiali Realizzazione Suono Versatilità Rapporto q/p Impiego: amplificazione di chitarre elettro- acustiche da jazz, mainstream, gypsy e avan- guardia Prova effettuata con chitarre Gibson ES-335 ’59 VOS, Cort TRG2, Eastman Archtop 7 corde; impianto SR Technology Jam150 Plus. 8 glianza dei due suoni (nel nostro video-test diamo la possibilità di ascoltare sia la ripre- sa microfonica d’ambiente che la DI diretta nella scheda). Curioso forse, ma ottimo il riverbero, caldo, mai “sferragliante” e ben calibrato anche nel- le regolazioni alte, che ne portano la coda fino a circa 2 secondi. Per finire con le impressioni del test, Char- lie è assolutamente silenzioso, anche in am- bienti dove sappiamo che ronzio e invaden- ti emittenti radio imperano. Emerge giusto un pizzico di normale fruscio a volume alto e solo dopo un lungo periodo di accensio- ne. Ultima cosa, Charlie... non scalda. DEFINITIVO? Insomma, l’ampli perfetto da jazz? Per cer- ti versi sì. Se suoniamo mainstream e ab- biamo in mente un noto valvolare Blackfa- ce con carattere, calore e suono come da tradizione, dobbiamo accettarne anche pe- so, dimensioni e rischio di crunch imprevisti sul più bello; se ci piace questa soluzione non allontaniamocene. Se però ci muovia- mo sugli ampli a stato solido potenti e ver- satili, non credo che ci sia in produzione qual- cosa di meglio di Charlie; magari di più eco- nomico sì, ma non di meglio; e non come amplificatore, quanto come vera “centrale di amplificazione”, quasi un impianto votato al- la chitarra elettro-acustica, semi-acustica o acustica da jazz e stili vicini. Invito i jazzisti “vecchia scuola” ad accostarlo con la giusta dose di curiosità e un approccio aperto. |
Un possibile difetto di Charlie risiede nel pe- so non trascurabile, ma - come detto - sta- bilità fisica, assenza di vibrazioni e consi- stenza dei finali non consentono evidente- mente di fare diversamente. Visto che non vorremmo usarlo solo in sog- giorno o fisso in sala di registrazione, sa- rebbe utile se la Schertler ci mettesse a dis- posizione un Charlie “da combattimento”, con griglia protettiva metallica e mobile adat- to a resistere alla dura vita del musicista in giro tra studi e locali (al momento c’è una copertura a 49 €, che consigliamo calda- mente). La versatilità di questo ampli ha come con- traltare un’ovvia mancanza di vera persona- lità timbrica, ma in realtà è la sua forza: pos- siamo dire che Charlie rinuncia ad averne una sua per esprimere al meglio quella del chitarrista e del suo strumento. Attraverso la porta reflex si intravvede il contenitore delle molle del riverbero. 9 |
n.211 giugno 2016 effetti a pedale Greenhouse Roadkiller, Goldrive e Middleman Dopo il primo test di effetti Greenhouse (phaser Sonic Orb, delay Re- tro Sky e chorus/vibrato Stonefish) sul numero precedente di Axe, ec- coci alle prese con i due overdrive Roadkiller e Goldrive e il booster Middleman. Per una breve descrizione tecnica di questi effetti israeliani riman- diamo al test di Axe 210; qui annotiamo che anche questi tre model- li sono true by-pass, adottano una grafica stile fumetto e sono ali- mentabili soltanto tramite un alimentatore esterno da 9 Volt (non for- nito); non è previsto l'uso di batterie. Anche su questi pedali Greenhouse le scritte sono minuscole, invisibili se si suona in piedi, mentre il LED è fin trop- po luminoso. Mancano poi le usuali indicazioni Prezzi di listino IVA inclusa: serigrafate inerenti le Roadkiller € 206,84 specifiche di alimenta- Goldrive € 206,84 zione, l'ingresso e l'u- Middleman € 206,84 scita del segnale. Nel prossimo numero Prezzo indicativo d’acquisto rilevato da Axe: concluderemo la serie di Roadkiller € 198,00 test con due distorsori e Goldrive € 198,00 un fuzz Greenhouse! Middleman € 198,00 Info http://bit.ly/1XzcsVE Distribuzione http://www.frenexport.it 10 IL ROADKILLER È un overdrive con volume (Vol), in- tensità della saturazione (Gain) e con- trollo di tono (Tone). Inserendo la chi- tarra, con l'effetto escluso, si ha il tim- bro originale perfettamente rispetta- to. Inserendo il Roadkiller occorre sta- re attenti al controllo di volume per- ché il guadagno è notevole e il rap- porto 1:1 con il livello originale si ha con il potenziometro quasi al minimo. Con il controllo di tono in posizione centrale e il guadagno al minimo si ot- tiene un suono pulito, ma con una lie- ve colorazione sulle medie. L'incre- mento di saturazione è molto gradua- |
le e anche al massimo si rimane a livelli moderati, ma con una eccellente com- pressione, di nuovo non eccessiva e ab- bastanza rispettosa della dinamica dello strumento, con una notevole ricchezza ar- monica e buon sostegno. Il suono diventa più spesso, ma senza limitare l'intelligibili- tà delle singole note, con buona separa- zione anche eseguendo accordi. La sono- rità è abbastanza chiara, brillante, con buo- na apertura in gamma alta e bassi pieni. Il controllo di tono permette di adattare il suo- no all'amplificatore usato con molte sfu- mature intermedie fra brillanti e scure, ma occorre cautela con le regolazioni estreme. Aumentando il volume si può agevolmente in- durre lo stadio d'in- gresso dell'amplifica- tore a saturare e aumen- tarne ancora l'intensità con il controllo di guadagno. Ottimamente calibrato per ingros- sare il suono di una Stratocaster, va rego- lato con maggiore moderazione nel caso si usi una Les Paul o altra chitarra con pic- kup humbucking, in modo da non satura- re troppo l'amplificatore pena un leggero inasprimento dei toni. 11 |
sufficiente eccellente n.211 giugno 2016 Il Greenhouse Roadkiller si presta bene an- che all'uso come booster pulito. La satu- razione, grazie all’uso di stadi di guadagno a FET in successione, ha un carattere ab- bastanza “valvolare”, aumentando la com- pressione in modo naturale senza schiac- ciare più del necessario la dinamica e man- tenendo buona definizione. Si nota in ef- fetti che il controllo Gain influisce anche sul timbro generale, con un’enfasi cre- scente delle medie man mano che lo si al- za. Il controllo di tono si occupa delle alte, ed è ben calibrato, molto efficace sia con pickup a singolo avvolgimento che hum- bucking. Un overdrive ottimo per tutte le situazioni in cui sia desiderabile una saturazione mo- derata che non sfoci in piena distorsione, con timbri prevalentemente chiari. IL GOLDRIVE Questo overdrive segue la stessa filo- sofia del Roadkiller, ma con un timbro leggermen- te più caldo. Abbiamo il controllo di volume (Vol) che al minimo passa abbastanza bruscamente da zero a un livello pari a quello del pedale escluso, con un ampio margine per au- mentarlo ancora. Il guadagno (Drive) con- sente di introdurre molto gradualmente una saturazione calda e ricca di armonici. Le note, dopo l'attacco iniziale, si espandono con grande fluidità e un sostegno notevo- le, librandosi nella stanza con un effetto quasi tridimensionale, molto bello. Anche in questo caso l'intensità della sa- Materiali Realizzazione Realizzazione Suono Suono Versatilità Versatilità Rapporto q/p Impiego: fusion, blues, pop, rock Rapporto q/p Impiego: fusion, blues, pop Prova effettuata con ampli Fender Princeton Reverb con altoparlante Jensen Blackbird 12”; chitarre Squier Stratocaster Vintage '62 1983 con pickup Van Zandt e Gibson Historic R8 Les Paul con pickup Electric City. 12 GREENHOUSE GOLDRIVE Materiali deludente GREENHOUSE ROADKILLER Prova effettuata con ampli Fender Princeton Reverb con altoparlante Jensen Blackbird 12”; chitarre Squier Stratocaster Vintage '62 1983 con pickup Van Zandt e Gibson Historic R8 Les Paul con pickup Electric City. |
turazione è moderata, quasi una distorsio- ne pulita, se ci si perdona la contraddizio- ne, ma molto simile a quella di un amplifi- catore a valvole spinto oltre metà volume. La riserva di volume del pedale è più che sufficiente per aggiungere a questa la sa- turazione naturale dell'amplificatore. Altro aspetto interessante è il funziona- mento del controllo di tono, denominato Gold, che agisce più in basso, come fre- quenza di taglio, rispetto al solito, interes- sando anche la parte superiore della gam- ma media. Il risultato è un comportamen- to simile a quello del controllo di presenza di alcuni amplificatori tipo Fender Bassman. Ruotando il controllo verso sinistra, si ot- tengono timbri quasi flautati che conferi- scono alla saturazione una inusuale mor- bidezza; ruotandolo verso destra, si ha una maggiore pienezza in gamma media con ottima trasparenza che, se si supera la po- sizione a ore 15, aggiunge una scintillan- te gamma alta ma sempre con sufficiente GREENHOUSE MIDDLEMAN Materiali Realizzazione Suono Versatilità Rapporto q/p Impiego: booster pulito corpo, rendendo i pickup di una Stratoca- ster più simili a modelli humbucking di quan- to faccia il pur ottimo Roadkiller. Da evita- re le posizioni estreme del Gold, pena un timbro con bassi preponderanti se ruotato tutto a sinistra, acuti troppo squillanti se ruotato tutto a destra. Usato con modera- zione, il Goldrive offre una vasta gamma di sfumature timbriche con un’eccellente e calda saturazione, molto naturale e musi- cale, che facilita esecuzioni molto veloci con una grande sensazione di fluidità sen- za che trasparenza e definizione siano mai penalizzate. Se il Roadkiller evoca facilmente sonorità stile Blackface, il Goldrive è più incline a quelle Tweed, anche se in una versione in qualche modo levigata, quasi “boutique” e, forse anche più moderna. La cosa importante da ricordare è che sia il Roadkiller sia il Goldrive sono concepiti per simulare la saturazione di un amplifi- catore a valvole ad alto volume, ma non al limite, diciamo idealmente un buon Fender poco oltre metà volume (Blackface nel pri- mo caso, Tweed nel secondo). Non, quin- di, la saturazione ricca di compressione di una testata Marshall portata al limite, ma una più discreta, più reattiva al tocco e con ancora una buona dose di gamma dinami- ca ma, probabilmente proprio per questo, dall'effetto più realistico di altri overdrive più carichi. Prova effettuata con ampli Fender Princeton Reverb con altoparlante Jensen Blackbird 12”; chitarre Squier Stratocaster Vintage '62 1983 con pickup Van Zandt e Gibson Historic R8 Les Paul con pickup Electric City. 13 |
n.211 giugno 2016 IL MIDDLEMAN Questo Active Booster Greenhouse è di- segnato per produrre un notevole guada- gno a suono pulito, con un buffer per esal- tare le frequenze più elevate. Aumentan- do il guadagno (Gain, fino a +35 dB) si ha un timbro più pieno, ma per avere la satu- razione occorre spingere il preamplificato- re del proprio ampli a fornirla, in quanto il pedale non ne provvede. In pratica il funzionamento è si- mile a quello del Roadkiller, ma senza saturazione vera e propria; il controllo Vol agi- sce come un master volu- me. Il controllo di tono (Mid) agisce sulla gamma media (500 Hz +/-15 dB, con ri- sposta piatta a centro corsa) e questo è interessante, in quanto ruotando la manopola a sinistra di crea un buco sul- le medie che rende più sottile il suono di una Les Paul, men- tre quello di una Stratocaster ar- riva quasi a evocare un’acustica; si riduce anche il volume, ma, alzando il guadagno del booster, questo si riequilibra e si ha un suono tipico da ritmiche funky ma con un livello d'uscita più che sufficiente a solle- citare l'ingresso dell'amplificatore e otte- nere una certa grinta. Ruotando il control- lo di tono in senso orario la gamma media 14 si gonfia e con pickup a singolo avvolgi- mento si possono approssimare sonorità stile humbucker con un suono prevalente- mente pulito o che sfrutti la saturazione del- l'amplificatore. Questa modalità è ottima per suonare parti ritmiche, ad esempio con una Stratocaster, utilizzando le sonorità clas- siche di questa chitarra, per poi inserire il Middleman ed eseguire assolo con una pie- nezza da fare invidia a una Les Paul. L'unico appunto che pos- siamo fare a questo pedale è che, forse per effetto del buffer interno, notiamo una lieve esaltazione delle acute che fa suonare più presen- te il mi cantino sulla nostra chitarra, risultando un po’ sbilanciato rispetto alle altre corde; escludendo l’effetto, il suono è perfettamente equi- librato. Da notare che, con tutti e tre i pedali in prova, tutti i con- trolli influenzano il livello d'uscita, per cui è possibile bilanciare il suono con effetto e quello a pedale escluso secondo le proprie esigenze, ma l'equilibrio viene alterato se si interviene su un controllo qualsiasi suc- cessivamente. Le regolazioni “al volo” du- rante un’esibizione sono quindi poco con- sigliabili. |
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n.211 giugno 2016 TE GENTILMEN STRUMENT IS I POSIZIONE MESSI A D SICA DA LA MU DI DONO, 31 VIA PAOLO A 00142 ROM 4233 TEL. 06 503 amusica.eu http://www.l chitarra acustiche 12 e 6 corde VGS Visions in Guitar Bayou B-40-12CE e Rose R-10 VGS, acronimo di Visions in Guitars, è un marchio di chitarre acusti- che ed elettriche con sede nella regione tedesca del Vogtland, in Sas- sonia, vicino al confine tra Germania e Repubblica Ceca, una zona con una ricca tradizione di liuteria. A Markneukirchen, proprio nel Vogt- land, nacque nel 1796 Christian Frie- drich Martin I; la VGS, nelle note che la riguardano, sembra farsi un merito di tale memoria regionale, ma la veri- tà è che Martin a 15 an- ni si trasferì a Vienna presso il laboratorio di Prezzi di listino IVA inclusa: Johann Stauffer, per poi non disponibili emigrare nel 1833 ne- gli USA, dove aprì un la- Prezzi indicativi d’acquisto boratorio a New York. Gli rilevati da Axe: strumenti VGS, inclusi Bayou B-40-12CE € 450,00 quelli in prova, sono di- Rose R-10 € 525,00 chiarati come progetta- ti in Ger- Info http://www.vgs-guitars.com Distribuzione https://it.gewamusic.com 16 mania e fabbricati genericamente in Europa. Le due chitarre che abbiamo a dispo- sizione sono la 12 corde B-40-12CE e la 6 corde R-10. 12 CORDE LEGGERE La B-40-12CE appartiene alla serie Bayou ed è una 12 corde di formato jumbo con cutaway. La tavola è in abe- te massello, fasce e fondo sono in mo- gano (laminato). Anche il manico è in mogano, con paletta e tacco riportati (quest'ultimo in 2 pezzi). Tastiera e ponte sono in palissandro. La scala è di 648 mm. Di forma innovativa il pon- te, disegnato tra curve e spigoli e ra- |
R-10 B-40-12CE stremato verso i cantini. Forse qualche liu- taio non vedrebbe benissimo proprio gli spi- goli, possibili vie di partenza per linee di frattura del top in un lontano futuro. L’amplificazione è affidata a un sistema Fishman Isys+ con accordatore integrato. Ancor prima di suonarla, ci giriamo e rigi- riamo tra le mani questa Bayou, apprez- zandone il peso molto contenuto (2,5 kg.) e una generale fattura estremamente ac- curata per quanto riguarda pulizia e preci- sione nella realizzazione e nella finitura. Il motivo della rosetta in legno e la finitura satinata danno un tocco di eleganza e so- brietà allo strumento. All'interno gli incol- laggi di catene e controfasce sembrano tut- ti realizzati perfettamente, senza spargi- menti di colla. Avremmo gradito una rifini- 17 |
n.211 giugno 2016 de scomoda potrebbero farsi a dir poco stancanti. tura del capotasto migliore lì dove incontra il nostro indice sui cantini, ma ammettia- mo che questo intervento spesso risulta doveroso anche su chitarre molto più co- stose, quindi non ne facciamo un dramma. Siamo pronti per imbracciare la VGS B-40- 12CE e al primo accordo ci accorgiamo su- bito della comodità del manico, che, dota- to di una corretta corposità, permette una buona agilità su tutta la tastiera e non af- fatica per nulla la mano anche dopo innu- merevoli strimpellate, che su una 12 cor- 18 BEN ELETTRIFICATA Il suono generale convince, è sufficiente- mente pieno e argentino; non ha un ca- rattere molto deciso, intendendo che non si avverte una voce personale dello stru- mento, ma ammettiamo che questa è una sensazione precisa quanto personale. La chitarra ha un suono equilibrato, chiaro, morbido e gradevole in pieno stile jumbo. Il volume è soddisfacente. Forse sulle me- die si svuota un pochino, ma niente di dram- matico, anche perché, se suoniamo am- plificati, possiamo ricorrere all'equalizza- |
12 corde a tradimento La presenza delle corde doppie sullo strumento può in qualche modo trasformare le sonorità di alcuni semplici e usatissimi accordi. La conseguenza è quella di trovarsi felicemente sor- presi o incautamente spaesati di fronte a diteggiature che ritenevamo assimilate, ma che ci risuonano nelle orecchie un pizzico “strane”. In particolare, basta soffermarsi su quegli ac- cordi che creano dei battimenti tra note che su una chitarra a 6 corde si trovano ben distan- ti, ma in una a 12 corde rischiano di trovarsi alla minima distanza possibile (un semitono)… Gli esempi sarebbero tantissimi. Per darvi un’idea, im- maginiamo un Lamagg7: Come potete vedere dallo spartito, il la acuto (in nero pieno) risuona insieme al la nel secondo spazio (ovve- ro quando plettriamo la nostra quarta corda) e crea un battimento con la settima maggiore che risuona sulla prima corda. Altro esempio è il celeberrimo accordo Mi7#9: La nota sol# (l’ottava più alta, in nero pieno) sulla quar- ta corda crea un inaspettato battimento con la 9# del- l’accordo che si trova sulla seconda corda (un Fa dop- pio diesis, enarmonicamente un Sol) e può regalarci un risultato ancora più tensivo! Voicing di questo tipo vengon fuori facilmente quando siamo in presenza di corde doppie; non siamo di fronte ad accordi sbagliati che suonano per forza male: sarà il gusto personale del- l’esecutore e l’ambito in cui li stiamo usando che li farà sembrare sorprendentemente pic- canti o assolutamente terribili. La cosa importante è rendersi conto che anche gli accordi più famosi e usati con questi strumenti possono tirare fuori sonorità non così familiari come ci aspettavamo… 19 |
n.211 giugno 2016 zione presente sul Fishman Isys+. Il preamp infatti ha a bordo, oltre all'accordatore, lo switch per invertire la fase e 3 potenzio- metri (volume, bassi, alti) per regolare il suono a nostro piacimento. Per quanto ri- guarda il sistema di amplificazione, prova- to su un ampli Ibanez Troubadour T80N, ci riteniamo molto soddisfatti poiché ripropo- ne fedelmente la sonorità acustica dello strumento, senza modificarla: una dote si- curamente apprezzabile. La VGS B-40-12CE è una chitarra one- sta, ben accessoriata e ottimamente rea- lizzata. Questo non è poco per una 12 cor- de, che, rispetto a una 6 corde, necessita di accorgimenti costruttivi particolari per via dello stress maggiore che deve subire sot- to la trazione di 12 corde. Non abbiamo trovato difetti di alcun gene- re e il suono generale ci ha soddisfatto. Forse non abbiamo subìto il fascino del- l'innamoramento, ma ammettiamo a men- te fredda che lo strumento se la cava alla grande, anche perché si giova di un otti- mo rapporto qualità/prezzo. Le chitarre a 12 corde sono strumenti com- plessi da decifrare e commentare, anche perché spesso la loro qualità non può es- sere servita a prezzi modici; alla luce di que- sto, all'interno di questa fascia di prezzo, la VGS B-40-12CE fa una buona figura. VGS B-40-12CE VGS R-10 Legni Legni Realizzazione Realizzazione Finitura Finitura Elettronica Suono Suono Rapporto q/p Impiego: strumming, flatpicking, fingerpic- king Rapporto q/p Impiego: strumming, flatpicking 20 |
UN FIOR DI DREADNOUGHT La seicorde in prova, la R-10, appartiene alla serie Rose della VGS ed è un'acusti- ca non amplificata con formato dreadnought e senza spalla mancante. La tavola è in abete massello, il manico in 3 pezzi di mo- gano, fasce, fondo e tastiera in palissan- dro; ossicino e capotasto sono in osso. An- che qui abbiamo una scala di 648 mm. (sti- le Fender) e l’elegante rosetta composta da elementi geometrici di legno. Rispetto al bel carattere degli abbellimenti resta un po’ curioso l’anonimo logo in corsivo sulla paletta. Ottime le meccaniche sigillate con palettina in ebonoid, una plastica simile al- l’ebano. La verniciatura, satinata per cas- sa e manico, è lucida per la tavola, sottile e luminosa; il binding è presente ovunque ma essenziale. 21 |
n.211 giugno 2016 IL PONTE DI ICHIRO Il ponte ha la stessa forma di quello della 12 corde. Sulla R-10 però c’è qualcosa in più... Le chitarre delle serie Rose e Belle Rose adottano un interessante accorgimento sot- to il ponte: la Katayama acoustic chamber AC1 (dal nome del tecnico giapponese Ichi- ro Katayama), una piccola struttura in legno posta all'interno della cassa e quindi invisi- bile dall'esterno, che funziona da camera di risonanza. La VGS riporta nel catalogo una serie di dati che mostrano come questa par- ticolarità costruttiva arricchisca lo strumen- to migliorando l'attacco, il sustain, l’equili- brio timbrico e conferendo una sorta river- bero naturale e un suono già maturo, come quello di una chitarra suonata da molto tem- po (vedi grafico EQ). Vedremo se la prova confermerà queste belle promesse... SEMPRE PIÙ LEGGERA La prima cosa che ci colpisce, oltre al de- sign pulito ed elegante, è la stupenda leg- gerezza dello strumento che pesa solo 2,030 kg.! Imbracciandolo, apprezziamo anche la comodità del manico che sui primi tasti ac- cenna un leggerissimo profilo a V che poi pian piano si smussa andando verso metà manico. Siamo pronti a darci dentro e già dalle prime scorribande in strumming ve- niamo piacevolmente colpiti dal volume del- la Rose: complice il peso davvero contenu- to, ogni nota fa vibrare tutti i legni, dandoci una sensazione di potenza sonora che non si avverte solo con le orecchie, ma con tut- to il corpo. Il suono richiama quello tipico 22 |
TE GENTILMEN STRUMENT IS I POSIZIONE MESSI A D SICA DA LA MU DI DONO, 31 VIA PAOLO A 00142 ROM 4233 TEL. 06 503 amusica.eu http://www.l Martin, pieno e con quel sottile carattere na- sale che fa tanto country-boy; non sappiamo quanto di questo risultato sonoro sia da im- putare alla suddetta camera acustica Kataya- ma, ma confessiamo di essere davvero sor- presi perché la chitarra suona forte ma allo stesso tempo ha un timbro dolce e ricco di un “ambiente” naturale davvero piacevole. Ta- stiera e manico sono comodissimi e aumen- tano di gran lunga il feeling con lo strumento che non smette un attimo di vibrare sotto le nostre mani: davvero una bella sensazione di appagamento acustico! Il carattere dello strumento si avverte anche nei fraseggi a note singole; il volume rimane altissimo anche in questi casi, anche se sullo strumento in prova la terza corda risulta un po' “scarica” rispetto alle altre. La VGS Rose R-10 ci ha davvero colpito, non possiamo negarlo. A differenza della sorella a 12 corde stavolta l'innamoramento c'è stato di sicuro! Lo strumento è ottimamente realiz- zato, è comodo e suona bene e forte. Sentir- lo vibrare cosi tanto è davvero una bellissima sensazione. Difetti non ne abbiamo trovati e anche il rapporto qualità/prezzo ci sembra più che soddisfacente, quindi un giro di prova lo consigliamo a tutti! 23 |
n.211 giugno 2016 effetti a pedale Ibanez CSMINI Chorus, ADMINI Analog Delay e SMMINI Super Metal DEMO TRUTTORE DEL COS Su Axe 202 avevamo già fatto la conoscenza del pedale Ibanez Tube Screamer serie Mini e aveva suscitato tutta la nostra ap- provazione per qualità costruttiva e timbrica (vedi il nostro test su Axe 202). Ora arrivano dal Giappone altri tre colorati mini-peda- li dalle caratteristiche simili: si tratta di Chorus, Analog Delay e Su- per Metal, versioni Mini dei famosi CS9, AD-9 ed SM9 della Casa. Sono tutti analogici e true-bypass. L’a- limentazione, visto il for- mato, è consentita solo tra- Prezzo suggerito al pubblico: mite alimentatore esterno. Mini Chorus € 108,58 Come il Tube Screamer Mi- Mini Analog Delay € 120,78 ni, i nuovi graziosissimi pe- Mini Super Metal € 120,78 dali offrono un robusto con- tenitore in lega di allumi- Prezzo indicativo nio e un’ottima realizza- d’acquisto rilevato da Axe: Mini Chorus € 89,00 zione, con filatura ridotta Mini Analog Delay € 99,00 al minimo. Potenziometri Mini Super Metal € 99,00 e prese jack di qualità so- Info http://bit.ly/1Yv3dGq Distribuzione http://www.mogarmusic.it 24 no saldati direttamente sulla scheda. L’unico componente non montato sul- la scheda è il foot-switch, giustamen- te visto che è l’elemento più sogget- to a colpi e rotture, e l’eventuale so- stituzione non richiederà interventi sul- la scheda. Male comune a tanti effetti sul mer- cato, il LED è forse fin troppo lumi- noso, rendendo difficoltosa la lettura dei controlli, soprattutto quando - per forza di cose - si ha a che fare con manopole molto piccole. Vediamoli uno per uno... |
CSMINI CHORUS La manopola di formato grande tradizio- nale è quella dedicata alla regolazione del- la velocità (Speed) dell’effetto. Le due più piccole alla profondità (Depth) e al livello (Level) del chorus. Il circuito e la sonorità puramente analogica si rifanno a quelle del modello CS9, che però era stereo e privo di controllo Level. Niente da dire, in effet- ti il suono è davvero simile a quello di rife- rimento, con una buona qualità generale e un utile controllo Level che abbiamo pre- ferito sempre su settaggi elevati o al mas- simo per godere di un sound ben “bagna- to”. La gamma medio-alta infatti resta sem- pre ben distinta, il che da una parte è bene, dall’altra forse induce l’idea di un effetto sem- pre un po’ sottile, che tende a sottolineare eventuali metallicità della chitarra; ma è proprio que- sta calda brillantezza un po’ An- ni ’80 che rende il CSMINI Chorus un ef- fetto, magari non versatilissimo, ma con una sua precisa personalità, anche nella sua componente di vibrato. Personalmen- te lo abbinerei a un compressore, sentito mamma Ibanez? 25 |
sufficiente eccellente n.211 giugno 2016 ADMINI ANALOG DELAY Contrariamente a molti de- lay in circolazione che of- frono sonorità “analogica” da un circuito digitale, il piccolo Ibanez è realmente un effetto analogico, come il vecchio AD-9 (successivamente replicato sia dal- la Ibanez che dalla Maxon) che lo ispira. La manopola grande regola il ritar- do (Time Delay), le due piccoline il nume- ro di ripetizioni (Repeat) e il mix tra suono pulito ed effettato (Blend). Diciamo subito che l’attivazione dell’Analog Delay con il Blend chiuso offre un suono in ingresso leggermente più chiaro di quello dell’effet- to in bypass, ma questa punta di brillan- tezza si rivela poi corretta usando l’effetto realmente. Per inciso, il mix paritario tra segnali dry e wet si ha con il Blend tutto aperto. Questo mini pedale è in grado di coprire tutti i ruoli usuali per un delay ana- logico, dal classico slap back ad ambienti ariosi, da effetti canyon a echi piuttosto lunghi, visto che l’ADMINI è capace di 600 ms di ritardo analogico. A proposito di de- lay lunghi, si nota in questo caso la pre- senza di un fondo di fruscio “sotto” le no- te ripetute, ma questo non disturba affat- to mentre si suona. Ottimo effetto se si de- sidera un delay analogico, si cerca più un alone o un ambiente o un’atmosfera “al- tra” che una replica precisa della nota suo- nata, per quanto il Mini Analog Delay ri- esca a essere molto più preciso di certi pseudo-analogici in circolazione dagli alo- ni fin troppo nebbiosi e degradati. Il nuovo delay Ibanez riesce perfettamente nello sco- po ed è tra i migliori ascoltati in questa fa- scia di prezzo. SMMINI SUPER METAL Il distorsore dedicato al metal è in grado di ricoprire in realtà ruoli anche leggermente più blandi come quello dell’hard rocker. Ini- ziamo dai controlli, che qui sono un pelo più complessi. Del resto vanno replicati i 5 originali dell’SM9 degli Anni ’80, in cui era- no utilizzati ben due chip JRC4558 (quelli ADMINI ANALOG DELAY Materiali Materiali Realizzazione Realizzazione Suono Suono Versatilità Versatilità Rapporto q/p Impiego: pop, fusion, rock Anni ’80-’90 deludente CSMINI CHORUS Rapporto q/p Impiego: sonorità di ritardo analogico Prova effettuata con chitarre Greco EG600, replica artigianale Tele Thinline; ampli Z Amp Carmen Ghia, Marshall JMP Master Model Mk2 Lead. 26 Prova effettuata con chitarre Greco EG600, replica artigianale Tele Thinline; ampli Z Amp Carmen Ghia, Marshall JMP Master Model Mk2 Lead. |
del Tube Screamer). Ovviamente la mano- pola a dimensioni “standard” Drive si oc- cupa di regolare la quantità di distorsione. Ci sono poi due coppie di manopole con- centriche: quella di destra regola esterna- mente il livello (Level) di volume dell’effet- to, internamente l’attacco delle note (At- tack). La coppia di sinistra si occupa ester- namente di Punch, regolazione dei bassi con una sorta di zero centrale, e interna- mente di Edge, stessa cosa ma per gli al- ti. Disposizione a parte i parametri sono gli stessi del vecchio SM9, il che su un pe- dale così piccolo ha del miracoloso. Va det- to che le regolazioni sono pure abbastan- za agevoli. La quantità di distorsione, per gli standard attuali, è elevata ma senza arrivare a livel- li estremi: il Super Metal va qui inteso in senso un po’ vintage... Il doppio controllo di EQ è indubbiamente molto efficace e ca- pace di disegnare il nostro sound. Allo stes- so modo assai efficace anche il controllo Attack, che penso abbia poco a che fare con un compressore, forse più con un cir- SMMINI SUPER METAL Materiali Realizzazione Suono Versatilità cuito di presenza, ma riesce a dare più o meno mordente al nostro plettrato, ren- dendolo da morbido a mol- to aggressivo. Interessante la definizione e l’intellegibilità delle note, che si apprezzano bene soprattutto con il pickup humbucking al manico. Si intuisce che questo è un pedale piuttosto versati- le, e noi lo abbiamo usato per suonare rock- blues, hard-rock e metal classico Anni ’80 o giù di lì. Il Super Metal sente la chitarra, il chitarrista e molto il sistema di amplifi- cazione; si rischia di non riuscire a trovare un suono distorto godibile, così come di trovare quello definitivo della propria vita. Insomma, come tante altre cose che si ispi- rano al mondo della chitarra passata, an- che questo mini pedale ha un suo bel ca- rattere che sa di rock, valvole bollenti e gio- ventù. MINI... CONCLUSIONE I tre nuovi arrivi da Casa Ibanez comincia- no a formare, insieme al Mini Tube Screa- mer, un’interessante serie di effetti dalle dimensioni minimali, offerti a prezzi con- correnziali, ispirati a classici del passato e dotati di un certo “di più” progettuale e qua- litativo che li fa brillare nel panorama vasto ma un po’ anonimo dei mini-pedali. Da col- lezionare. Rapporto q/p Impiego: hard rock, hairy metal Prova effettuata con chitarre Greco EG600, replica artigianale Tele Thinline; ampli Z Amp Carmen Ghia, Marshall JMP Master Model Mk2 Lead. 27 |
n.211 giugno 2016 NEWS DI MERCATO 1 1 IL PICCOLO “BATTERISTA” Arriva la BeatBuddy Mini, nuova drum ma- chine a pedale ultra-compatta derivata dal fratello maggiore BeatBuddy, posta in ven- dita al pubblico al prezzodi € 119,00. Il pe- dale permette di controllare un “batterista” senza staccare mai le mani dallo strumento, contiene 100 canzoni precaricate suddivise per generi, garantisce massimo realismo grazie ai campioni WAV 16 bit ed è espandibile tramite footswitch dedicato (non in- cluso). Demo video qui www.frenexport.it NUOVO RECORDER ZOOM Arriva il nuovo Zoom H4n PRO di terza generazione, dotato di un nuovo corpo ergonomico, preamp fin qui utilizzati solo su categorie superiori (H5 e H6), nuovi microfoni X/Y orientabili di qualità sorprendente e tantissimi effetti on board. Registrazione fino a 4 tracce in si- multanea, grande trasparenza dei preamp, 2 28 2 ingressi XLR/TRS, ingresso stereo 1/8" (mic), phan- tom 24/48V, speaker interno, fno a 24-BIT/96 kHz au- dio in diversi formati, mixdown da 4 tracce a stereo e da stereo a dual mono, riproduzione a velocità va- riabile da 50% a 150% senza variare il pitch, inter- faccia audio 2In/2Out con connessione USB per PC e Mac. www.mogarmusic.it 3 MIXER E IPAD Inizia la distribuzione in Italia del mar- chio audio Studiomaster. Il costrut- tore inglese, nato nel 1976, offre in catalogo mixer, finali, sistemi PA e dif- fusori realizzati secondo i più alti stan- dard qualitativi e seguendo le ultime tecnologie. Se- gnaliamo il nuovo digiLivE 16, mixer digitale com- patto con interfaccia utente ibrida: touch screen da 7” e possibilità di controllo da iPad tramite modulo Wi-Fi integrato e app disponibile su iTunes. www.master-music.it |
2 3 4 STRUMENTI +10% DISMAMusica comunica che il mercato degli strumenti e delle edizioni musicali italiano è in crescita, stando ai da- ti 2015 che rivelano un +10% dopo anni di contrazione. Il presidente di DISMAMusica, Claudio Formisano ha sottolineato il valore assoluto del risultato, non del tutto inaspettato tuttavia, visto l’andamento positivo già riscontrato l’anno pre- cedente (+3,3%). “Il grande risultato del 2015” ha detto Formisano “assume un si- gnificato di grande spessore soprattutto se si considera che lo si è raggiunto in un momento di profondi cambiamenti del mercato, come le vendite online da oltre con- fine, che hanno certamente sottratto al mercato nazionale importanti porzioni di fatturato…” Nello specifico, si annotano risultati a due cifre per tastiere portatili, O chitarre elettriche e acustiche, strumenti a plettro, amplificazione del suono, regi- CAND CLIC BOLLINO, OCE stratori e computer music, con acquisti che hanno premiato prodotti di minor pregio; nel- NEL BELLE V le chitarre elettriche, ad esempio, il prezzo medio è diminuito del 9,5%. Con il segno “me- LE TA VOCE. PER no” armoniche a bocca, ampli per strumenti singoli, arranger e composer, seguiti da mi- crofoni e pianoforti acustici. PER QUESTI SPAZI SCRIVERE A: redazione@axemagazine.it 29 |
Foto di Fabio De Vincentiis n.211 giugno 2016 GYPSY JAZZ 30 |
l o I ce w 'h i o n , g lo s Salvatore Russo Chiacchierando via Skype con Salvatore Russo, non si può fare a meno di notare alle sue spalle uno stand per chitarre da cui spuntano una bella Strato azzurra e una Ibanez dalla paletta aguzza. Non bisogna quindi farsi ingannare dal fatto che il simpatico musicista pugliese stia imbracciando la stupenda Gitano Super de Luxe O, costruita da Stefan Hahl. Nella sua anima musicale la componente manouche va a braccetto senza problemi con quella del blues elettrico e del rock. 3131 |
n.211 giugno 2016 GYPSY JAZZ Introduzione al Gypsy Jazz Al punto in cui siamo nella sua carriera musi- cale, anzi, Russo ha dedicato due album alla pri- ma (La touche manouche del 2009 e il nuovo Gypsy Jazz Trio registrato per la Emme Records di Enrico Moccia), mentre i due suoi album d’e- sordio, Salvatore Russo del 2001 e Contact del 2004 (insieme a William Stravato), sono deci- samente elettrici, tra rock e fusion. “Ho 47 an- ni e ho iniziato a suonare molto presto, all’età di 15 anni” ci racconta. Musicista estremamen- te dotato e promettente, a 18 anni abitava a Ro- ma, e dal ruolo di studente di chitarra è passa- to presto a quello di insegnante. A 23 anni è già docente, mentre comincia a lavorare alla Rai, collabora con musicisti del calibro di Antonel- lo Venditti, Massimo Di Cataldo, Adriano Ce- lentano. Inizia anche una lunga e preziosa col- laborazione con Axe [è lui il “capellone” in co- pertina sul mitico n.1 del ’95 e a lui dobbiamo la presentazione in Italia dei primi lavori di chi- tarristi come Greg Howe e Michael Lee Firkins! NDD]. “La mia vena principale era comunque legata alla musica rock, alla chitarra elettrica. Poi ho cominciato ad avvicinarmi al jazz e in- 32 fine ho conosciuto lo stile di Django”. Il mondo della musica manouche, lo sappiamo, è un universo che brilla della luce di una stella pressoché mitica: chi si avventura in quella di- mensione ha un compito non facile. “Conosce- re Django Reinhardt è, in fondo, un’impresa. Lui è stato una personalità musicale incredibi- le. Come strumentista ha registrato più di 40 al- bum” ci racconta Russo. “Io ho avuto la fortu- na di imparare ad apprezzarlo meglio grazie al mio grande amico e maestro, il chitarrista bel- ga Stochelo Rosenberg. Abbiamo suonato in- sieme nel mio primo disco gypsy jazz, La tou- che manouche. Abbiamo tenuto più di una cin- quantina di concerti insieme. Lui mi ha inse- gnato ad apprezzare Django. Mi faceva ascol- tare alcuni passaggi, magari mentre eravamo se- duti al bar insieme. In certi momenti mi dice- va: ‘Senti, questo io non sarei capace di farlo’. E se lo diceva lui, che è uno strumentista ecce- zionale, significa che Django è molto più di quello che noi superficialmente possiamo capi- re attraverso le registrazioni”. |
Come molti altri che si sono avvicinati alla par- ticolare forma espressiva del jazz manouche, anche Salvatore Russo si è reso conto che suo- nare quella musica significava acquisire so- prattutto concetti legati a una tradizione orale, che si trasmette da chitarrista a chitarrista. “È stata una grande fortuna avere una guida di que- sta importanza. Occorre prima di tutto sapere che il gypsy jazz è diverso a seconda delle re- gioni in cui si suona. Si divide in tre, anzi quat- tro tradizioni principali. Una è quella d’Alsa- zia, al confine tra Francia e Germania, da dove viene, ad esempio, Biréli Lagrène. L’altra è tra il sud dell’Olanda e il Belgio, la regione da cui proviene Stochelo, nel gruppo di zingari deno- minati Sinti. Poi c’è la parte Manouche, quella francese; nel sud della Francia c’è ancora un’al- tra scuola, nella zona di Mentone. È importan- te capire che quando Django Reinhardt è emi- grato dal Belgio alla Francia aveva compiuto un primo cambiamento di stile. A Parigi è cre- sciuto musicalmente, ed è passato dal gypsy più autentico al jazz, sperimentando una nuova for- ma. I francesi, poi, hanno pensato bene di con- tinuare la sua tradizione”. Come ci spiega Rus- so, i Sinti olandesi sono rimasti invece più le- gati allo stile del primo Django: del chitarrista conservano persino certe diteggiature, per esem- pio. Certi particolari tecnici sono diventati tra- dizione. “Potremmo dire che c’è stata meno evo- luzione”, precisa “ma si è conservata l’origina- lità: in Stochelo Rosenberg senti il respiro di 33 |
Foto di Fabio De Vincentiis n.211 giugno 2016 GYPSY JAZZ 34 |
Django, come se lui fosse veramente lì a suo- nare”. Le differenze di provenienza geografica si ri- trovano anche da un punto di vista stilistico. “Il Gypsy Jazz alsaziano è un po’ più hard” (qui Russo suona a mo’ di esempio sulla chitarra de- gli accordi scanditi in modo molto secco, stac- cato) “mentre in Olanda sarebbe più morbido” (e qui invece ci fa ascoltare un accompagna- mento più saltellante, quasi swingante). “Io so- no molto legato al tipo di tradizione di Stoche- lo, che mi ha trasmesso suonando insieme a lui e vedendolo suonare”. Il concetto di questo grup- po di musicisti è che un’evoluzione dello stile musicale ci può essere, ma sempre rispettando Django, rimanendo nel solco della sua eredità. Una cosa che colpisce delle formazioni di gypsy jazz, forse qualcuno l’avrà notato, è la compat- tezza delle formazioni, in cui ogni musicista ha un suo ruolo preciso, in una gerarchia molto ri- gida. Chitarrista solista e accompagnatore non si scambiano mai di ruolo. Salvatore spiega: “Diciamo che c’è un’economia, più che una ge- rarchia. Il fatto è che il pubblico è sovrano, e il solista finisce per farlo il più bravo, mentre il meno bravo tranquillamente si occupa della rit- mica. Bisogna dire però che suonare la ritmica nel gipsy jazz non è facile”. E qui si tocca un punto fondamentale: lo stile gypsy è basato su brani dalla struttura armonica complessa, asso- lutamente classica. Per suonarlo, in altre paro- le bisogna conoscere davvero la musica, gli ac- cordi e le progressioni. “Il gypsy jazz possiede una sua didattica: è un genere fortemente an- corato agli elementi fondanti, basilari, dell’ar- monia. Se vuoi suonarlo, devi conoscere le ba- si della musica. È una preparazione che negli ultimi anni, come chitarristi, abbiamo un po’ perso. Oggi i solisti vanno dietro al tapping, agli effetti. Ci sono chitarristi che fanno scale velo- cissime, ma poi non sanno il giro di do. Nel gypsy jazz invece la didattica è una cosa seria, tramandata, e il basic è fondamentale”. A que- sto proposito, va segnalato che proprio in que- sti giorni sta andando in stampa un libro di Rus- so che si intitola Cadenze ed arpeggi. “Sarà in vendita sul mio sito e poi in settembre sarà dis- tribuito nei negozi” anticipa il chitarrista. “È un metodo che spiega l’armonia funzionale, non con gli accordi, come si fa usualmente nel jazz, ma con gli arpeggi. Insegno a utilizzare arpeg- gi melodici. Proprio nello stile di Django”. Secondo Salvatore Russo, e questo è estrema- mente interessante, dietro alla tradizione della chitarra gypsy c’è un particolare metodo di ap- prendimento, che permetteva a Django e agli altri musicisti un senso dell’armonia istintivo ma avanzatissimo. “Possiamo dire che Rein- hardt aveva una preparazione musicale mo- struosa, solo che è diversa da come la conce- piamo noi. Sono gli stessi concetti, ma presi in maniera diversa. Mi spiego meglio: noi andia- mo in conservatorio e veniamo a contatto con una didattica che è molto legata al ragionamento. Per imparare a suonare utilizziamo cioè una par- te del cervello che forse appartiene più a un al- tro tipo di attività: impariamo a leggere la mu- sica guardandola con gli occhi. Django assimi- lava questi concetti avvicinandoli con l’orec- chio”. In altre parole, nel nostro sistema didat- tico classico facciamo un doppio lavoro, rispetto a quel modo di apprendere, perché una volta af- frontata con gli occhi una partitura abbiamo la necessità di metabolizzarla melodicamente. “L’u- nico problema che vedo per la musica gypsy è che si tratta di una tradizione in via di estinzio- ne. A causa della globalizzazione, con l’avven- to di Internet e anche di altri tipi di musica, i ra- gazzi gypsy che potrebbero suonarla, scelgono generi più di moda. Ai loro tempi Django, Sto- chelo, suonavano per campare. Oggi con quel- lo stile non riuscirebbero più a vivere”. Gli zin- gari, purtroppo, suonano sempre meno la loro musica, che sarà affidata a strumentisti estranei alla loro tradizione, archeologi dello swing. 35 |
n.211 giugno 2016 GYPSY JAZZ Foto di Fabio De Vincentiis Ascoltando il nuovo disco di Salvatore Russo, Gypsy Jazz Trio, si rimane colpiti dalla varietà dei brani scelti. Non si tratta soltanto di com- posizioni usualmente associate al genere speci- fico, brani di Reinhardt o standard jazzistici ri- tradotti in gypsy. Ci sono anche composizioni di respiro melodico originale o ri-arrangiamen- ti curiosi, come quello di Romanza, meglio co- nosciuta come Giochi proibiti. “I gypsy stessi abbracciano molti stili musicali, del resto” spie- ga Russo “dallo swing, alla bossa - anche se questa è di origine più brasiliana - al valzer. Il mio discorso gypsy è a 360 gradi, e rispecchia la realtà del mondo reale; io suono di tutto nel gypsy jazz, da Libertango al flamenco, come nel mio brano Azul. I musicisti di flamenco in- fatti sono cugini di Django, sono gypsy anche quelli”. Possiamo dire che Russo, con questa sua interpretazione personale dello stile gypsy recupera il proprio background musicale blues e rock. “Direi che non posso farne a meno. Ed è giusto che sia così. L’importante è che ci sia naturalezza nelle cose che faccio. Perché poi i grandi musicisti si notano dalla naturalezza, non dalla capacità di scimmiottare uno stile. Dopo tanti anni che suono gypsy jazz non mi sento più obbligato: posso anche non suonare brani 36 swing, non è questo per me il problema ades- so. Anzi. Io ce l’ho, lo swing”. A proposito del suo ultimo lavoro, il chitarri- sta ci spiega che rappresenta un omaggio ai suoi partner musicali: “Il mio gruppo si chia- ma proprio Gypsy Jazz Trio. Ne fanno parte Toni Miolla alla chitarra ritmica e Camillo Pa- ce al contrabbasso. Suoniamo insieme da tan- ti anni e ho pensato di rendere loro un omag- gio. Sono colleghi-amici, condividiamo vera- mente tutto in gioia. In più, nel brano Azul ho invitato un amico chitarrista, che ha uno stile più chiaramente legato al flamenco, Ivan Ro- manazzi”. Notando la varietà stilistica dei bra- ni viene da pensare che per assortirlo sia stata messa una particolare cura, in modo da equi- librare gli originals e gli standards. “Non c’è stata una scelta vera” dice Russo. “In genere suono quello mi piace fare, sulla base dell’i- spirazione dell’attimo. Quindi non è che ci sia un concetto nel disco vero e proprio. È una sor- ta di fotografia di quel momento”. Potremmo definirlo quindi un disco istintivo anche dal punto di vista della sua fisionomia complessiva. “Il dato fondamentale è che in questi ultimi anni mi sto riavvicinando alla chi- tarra acustica e mi sto allontanando da un mon- do che ormai è super-tecnologico. Il disco in- fatti ho voluto registrarlo completamente in analogico. Cerco di stare il più lontano possi- bile dall’elettronica quando si tratta di musi- ca. Mi piace moltissimo riappropriarmi di cer- ti valori che oggi non ci sono più, in un’epo- ca in cui la tecnologia sembra usata per com- pensare la mancanza di talento. E penso che in futuro sarà sempre più così. Cercherò il modo di trovare una tecnica più genuina, antica, di ripresa del suono. Perché secondo me è lì il fu- turo”. Anche le fasi di registrazione sono sta- te in presa diretta: “Abbiamo tenuto le take mi- gliori delle varie versioni, senza sovra-inci- sioni o interventi di editing. Questa secondo |
me è la cosa da fare quando si registra”. E rimanendo sul tema qualità del suono, Sal- vatore Russo ci parla della sua stupenda chitar- ra. “È una Gitano Super de Luxe O, costruita dal liutaio tedesco Stefan Hahl. Ne ho un paio, ma devi tener conto che costano circa 10.000 euro l’una. È del tipo Selmer-Maccaferri, ma costruita su mie specifiche, modificata da Hahl tenendo conto di alcuni miei suggerimenti che sono delle piccole innovazioni. Chiaramente es- sendo un progetto antico, lui cerca di rifarla in modo che suoni bene come una chitarra di quel- le, cento anni dopo. Questo è tra l’altro lo stes- so liutaio che costruisce le chitarre per Biréli Lagrène”. Come per molti altri suoi colleghi, il problema principale di Russo è trovare il modo di esibir- si dal vivo con il proprio progetto. “Per quest’e- state non abbiamo ancora un programma pre- ciso. Non abbiamo un agente, così come ormai succede a molti musicisti: si naviga un po’ a vi- sta, si mettono insieme proposte di concerti e si va a suonare. Ora sono entrato nella filosofia ‘fare concerti per un disco all’anno’. Occorre dire che non è facile trovare musicisti che suo- nino questo genere musicale. Bisogna lavorare molto. Provare spesso e fare tante serate, tanta pratica. Una cosa curiosa è che non è facile an- dare in giro a suonare perché... non abbiamo il cantante. Dobbiamo sempre rassicurare le per- sone perché pensano che senza il cantante sia una musica noiosa” [ride]. E per chiudere il nostro incontro, Salvatore Rus- so ci racconta un aneddoto che la dice lunga sul- la difficoltà ad esibirsi dei musicisti gypsy: “Quando Stochelo Rosenberg è stato qui a vi- sitare la mia scuola ha visto le mie chitarre e mi ha detto: ‘You play electric guitar! This is your luck!’è una fortuna per te perché tu puoi vive- re di musica”. Lui sarà anche un grande in quel genere specifico, ma può suonare solo gypsy. Con quello stile soltanto dove può andare? Noi possiamo insegnare chitarra elettrica, fare tan- ti concerti, vivere davvero di musica. E quindi lui mi vedeva come fortunato e mi faceva i com- plimenti! Noi non ci pensiamo mai: diamo per scontato che loro siano delle star e che abbiano un guadagno garantito. Invece hanno la vita dif- ficile, forse più di noi”. GYPSY JAZZ TRIO Line-up Salvatore Russo, chitarra Tony Miolla, chitarra ritmica Camillo Pace, contrabbasso Track list Django's Tiger Romanza Got a Match? Wegenpicks Valse Embraceable You Blues Junior Lady be good Out of Focus Azul Diminishing Oriental Shuffle Chez Jacquet Swinging with Sal Misty TA ASC U OL I IL PREVIEW Q 37 |
n.211 giugno 2016 www.mikecampese.com mike campese INFONDIAMO SONORITÀDIMINUITE!1 Bentornati! In questa lezione mostrerò alcune soluzioni per applicare la scala di- minuita al vostro playing. Per ora ci dedicheremo a suonare su accordi statici, e in futuro ci applicheremo a progressioni di accordi. A volte è più difficile fare un assolo interessante su un accordo che non su una progressione. Una progres- sione può aiutarci a dettare un contenuto melodico, usando le note della scala su ogni accordo, etc. Quando si suona su un accordo, ci sono molte possibilità per renderlo interessante, soprattutto se di lunga durata. Una delle cose che potete fare per rendere più interessanti i vostri assolo è fon- dere la scala diminuita con le scale che normalmente usereste, come quella do- rica, misolidia o pentatonica ad esempio. Se non avete familiarità con la scala di- minuita, essa ha due modi: il primo inizia con un intero tono usato principalmen- te su accordi diminuiti; il secondo inizia con un semitono, comunemente usato su accordi di dominante alterata. La formula per la scala diminuita tono-semitono è: 1, 2, b3, 4, b5, #5, 6, 7; quella per la semitono-tono: 1, b2, b3, 3, b5, 5, 6, b7. In questa lezione non useremo un approccio standard per applicare la scala di- minuita, e questo funziona con molti diversi stili, non solo con il jazz. Ex.1 - L’esempio è in REm e la frase è costruita con il modo di RE Dorico (re, mi, fa, sol, la, si, do), la scala diminuita semitono-tono di RE (re, mib, fa, fa#, lab, la, si, do), la scala Blues di RE (re, fa, sol, lab, la, do). Noterete che queste sca- le hanno alcune note comuni e che io ho usato solo alcune note da ciascuna scala invece di suo- narla tutta. Sono solo due battute e la frase è suo- nata su un accordo di Rem, ma può essere usa- ta in molti modi, le possibilità sono infinite. Ex.2 - Un altro esempio in REm in cui miscele- remo il modo di RE Dorico con la scala diminuita semitono-tono di RE. È una frase più graduale che usa le note da ciascuna scala dove entram- be hanno note similari. È un gran modo di suo- nare la scala diminuita invece di andare su e giù... Ex.3 - La scala diminuita contiene molti accordi. 38 |
Questo esempio si appoggia su arpeggi di triadi dalla scala diminuita di RE. La cosa buona della di- minuita è che le stesse note si ripetono a intervalli di terza minore, così come le triadi e gli accordi. Nell’esempio il primo arpeggio di triade è un Remagg che poi sale di una terza minore fino a Famagg. Quindi discende per il manico con una triade di Simagg con una prima inversione, poi a triade di Re- magg e con le stesse forme giù di una terza minore, che dovrebbe essere una prima inversione su Labmagg, quindi Simagg, e finalmente risolve a Re. L’esempio è suonato con arpeggi in sweep pic- king, ma potete usare anche la plettrata alternata. Ex.4 - Questo esempio è suonato su un accordo di La7 e può essere applicato a situazioni blues o rock. È basato sulla scala diminuita semitono-tono di LA (la, sib, do, do#, mib, mi, fa#, sol). Inizia con una sequenza nelle prime due battute che cade giusto dentro la scala diminuita di LA, mentre l’ulti- ma misura risolve nella scala di LA Misolidio (la, si, do#, re, mi, fa#, sol). Sono inoltre usate note dal- la scala Blues di LA (la, do, re, mib, mi, sol), che danno un suono bluesy È tutto per ora. Visitate il mio sito per le ultime novità e i miei CD! 39 |
n.209 aprile 2016 www.alessandroriccardi.bandcamp.com alessandro riccardi INCREDIBLE GUITAR PARTS GUTHRIE GOVAN Questo mese vi propongo una frase di Guthrie Govan pre- sente nell'album degli Aristocrats Culture Clash. Il brano è Cocktail Umbrellas e la parte è a 4:40. La grande articolazione del fraseggio è la caratteristica prin- cipale della frase: continui cambi di direzione, cromatismi e velocità sostenuta creano un'impressione tutt'altro che scon- tata nell'ascoltatore. Analizziamola. Mentre sull'inizio in levare ascoltiamo un intervento tradizio- nale, già sul secondo movimento della seconda battuta appare un velo- cissimo slide di un solo tasto eseguito con il mignolo, usato non molto spesso. La divisione ritmica inoltre è piuttosto varia. Dal terzo movimento della stessa battuta fa capolino un trademark di Govan, ovvero il riusci- re a suonare quante più note possibili su una sola corda, in questo ca- 40 |
so il mi cantino. Sono ben cinque note, contando anche l'ultima suonata con il tap- ping, suonate in senso ascendente e discendente. Qui bisogna prestare molta at- tenzione ai tendini, perché la mano tastante è sottoposta a un generoso stretching delle dita, e la velocità è veramente alta. Subito dopo lo stretching, a cavallo tra terzo e quarto movimento, troviamo due note plettrate, utili a dare movimento rit- mico alla frase, e piuttosto difficili da prendere a queste velocità. In terza battuta abbiamo un tipico fraseggio del chitarrista, con cromatismi, molto veloce e ric- chissimo di legati. Di particolare interesse i continui cambi di direzione delle note e lo slide a cavallo tra secondo e terzo movimento. Sul quarto movimento invece, di slide ne troviamo ben due. Se la velocità della frase fosse stata lenta, ci saremmo trovati davanti un ottimo esempio di varietà nel fraseggio, nell'intenzione e nella pronuncia (plettrate, slide e legati piazzati in maniera strategica). Essendo la parte a velocità altissima, ci troviamo davanti anche a un esempio da Incredible Guitar Parts. Consiglio di partire a velocità metronomica molto bassa, suonando insieme all'originale rallentato (con un qualsiasi editor audio), per coglierne le accelerazio- ni e i rallentamenti. La ritmica della trascrizione infatti è assolutamente indicativa. 41 |
n.211 giugno 2016 www.vincecarpentieri.com vince carpentieri BRENT MASON, TUTTO IL TWANG DI CUI IL POP HA BISOGNO Brent Mason è uno dei chitarristi più apprezzati e rinomati nella scena musicale di Nashville, la pa- tria della country music. Conosciuto soprattutto per il suo lavoro da turnista, Mason è tra i mas- simi esponenti al mondo del chicken picking. Fino alla prima metà degli Anni ’90, il suo stile rappresentava un must per tutti i chitarristi che volessero avvicinarsi alla musica country. Solo dalla seconda metà degli Anni ‘90, e in seguito all’avvicinamento del country al mondo del pop, l’ap- proccio chitarristico di Mason è di- ventato un riferimento per tutte le session in studio che richiedessero il Southern sound. Uno degli elementi più ricorrenti nel fraseggio di Mason è l’utilizzo delle corde aperte applicate alle diteggia- ture della scala pentatonica maggio- re. Il primo esempio è tratto dalla pre- sentazione di uno dei suoi video di- dattici su YT: 1 42 |
Un ottimo esempio della perfetta integrazione dei chop di Mason nel pop è rappresentato dalla collabora- zione con Shania Twain, in particolare dall’assolo di Man! I Feel Like A Woman, in cui la tecnica del chic- ken picking viene sapientemente messa a disposizione del brano con risultati di gran gusto: 2 Uno degli elementi che invece spiccano dal punto di vista dell’approccio ritmico è la capacità di creare in- teressanti incastri tra le diverse parti di chitarra; la sapiente gestione dello spazio tra le due chitarre è spes- so un elemento fonda- mentale per conferire movimento all’arran- 3 giamento. Ecco un riff tratto da Love Gets Me Every Time, ancora con la Twain. Da sempre amante del twang telecasteriano accoppiato al suono inconfondibile dei vecchi Bassman, Ma- son ha fatto di questa accoppiata il suo marchio di fabbrica e una caratteristica timbrica che lo rende rico- noscibile anche nelle produzioni meno main stream; ne è un chiaro esempio questo esempio tratto da Wa- sted Whiskey di Rodney Atkins: 4 43 |
n.211 giugno 2016 www.centrostudifingerstyle.com www.leonardocorsi.it Leonardo Corsi TECNICHE CONTEMPORANEE ACOUSTIC TAPPING Tra le tecniche contemporanee della chitarra acustica fingerstyle, sicu- ramente il tapping ricopre un ruolo fondamentale, sia per la sua facilità di applicazione, sia per le possibilità tecniche e creative che può offrire. Il tapping nella chitarra fingerstyle è stato adottato da molti chitarristi contemporanei come Preston Reed, Don Ross, Michael Edges, che ne hanno fatto un uso personalizzato miscelato a tecniche percussive e tecniche tradizionali. Negli esempi che seguono troveremo la seguente simbologia: LH RH LP RP RF 44 hammer-on mano sinistra da eseguire con: dito indice dito indice ◇, dito medio ○ hammer-on mano destra da eseguire con: dito indice ◇, dito medio ○ pull-off mano sinistra pull-off mano destra pizzicare con mano destra |
Per l'esecuzione, utilizziamo la tecnica overneck, portando la mano sinistra sopra il mani- co. Inoltre, per raggiungere ottimi risultati, è fondamentale che entrambe i pollici, siano ancorati al bordo superiore del manico, in modo da conferire stabilità e forza alle mani. Nel primo esempio, troviamo la sequenza: LH – LH – RH – RF. Accentiamo bene la no- ta sul primo e terzo quarto di ogni misura. Suonando ben a tempo e aumentando poco a poco la velocità, possiamo notare un andamento ritmico efficace. 1 A S A CO Q LT UI 45 |
n.211 giugno 2016 www.centrostudifingerstyle.com www.leonardocorsi.it Leonardo Corsi Un’altra applicazione simile nel risultato ma diversa nell’esecuzione è la seguente se- quenza: LH – LH – RH – RP. L'RH è eseguito contemporaneamente su due corde con l’indice e il medio che dopo eseguirà l’RP. 2 TA ASCO Q L UI 46 |
L'ultimo esempio ha lo scopo di dimostrare come la fusione di questi spunti possa porta- re a risultati interessanti. 3 EO IL VID ESTO DI QU TITO È SPAR G. 44 A PA 47 |
n.211 giugno 2016 THE RAPTOR TRAIL NEW WORLD (MBM) Secondo album per il trio progressive statunitense formato da Gene Bass (batteria), Matt Mayes (chitarre, voce e guijo, strumento tra chitarra elettrica e banjo di sua con- cezione: trovate un video in cui Matt lo mostra qui) e Johnny Meyer (basso, tastiere, chitarre, voce). Il genere prog non basta però a delimitare l’ambiente musicale in cui si muove la band, tra influenze Rush e Dregs, un mix di sonorità e melodie che occhieggiano al pop e al can- tautorato di lusso, armonie vocali stile West Coast, chitarre armonizzate dal sapore Southern rock, atmosfe- re sospese in cui si incontrano Pink Floyd e banjo rolls, oltre a tutti gli obbligati e gli “stacchi” del genere. New World è registrato e prodotto in maniera considerevole, con volumi, dinamiche e spazi strumentali che hanno del sorprendente: tutto avanti e fuori. Se arrangiamenti delle voci e doti vocali stesse sembrano il piat- to forte dei Raptor Trail, non è da meno il resto del menu. Tutto è molto levigato, abbastanza lontano dal- l’impetuosità e dalla maestria strumentale delle band di riferimento. Le chitarre acustiche (ritmiche, tan- te...), elettriche (pulite, crunch e distorte) sono ben suonate in tutti i frangenti e John Meyer mostra capaci- tà solistiche di tutto rispetto per velocità e tecnica (anche con lo slide), vedi i soli di Stone By Stone e Time Slides Onward, mentre su Blue Highway arriva una citazione dell’Allman Brothers Band. Fabrizio Dadò Ottimo disco per chi sente la mancanza di prog di marca USA e produzioni di alto livello. WILL BERNARD OUT & ABOUT 48 (Posi-Tone Records) Nuovo disco per Will Bernard, chitarrista di cui abbiamo scritto più volte su queste pagine (sul n. 125 di ottobre 2007 abbiamo pubblicato anche una sua intervista), attivo da diversi anni nel panorama jazz-funk statunitense. Anche in questo secondo album per la Posi-Tone, la musica di Bernard vira verso territori più jazzistici, ma sem- pre con quell’approccio personale e un po’ naïf che gli è tipico. La formazione comprende John El- lis al sassofono tenore, Brian Charette all’organo, Ben Allison al contrabbasso e Allison Miller al- la batteria; un po’ po’ di musicisti, insomma, in grado di portare le undici composizioni origina- li a un altro livello. Ed è quello che succede in Out & About: il sound è diretto, crudo, vero, come sempre accade nei dischi di Will; le performance dei suoi compagni di viaggio, tutt’altro che gre- gari (sono tutti a capo di un proprio progetto musicale), sono di assoluto rilievo; la musica attin- ge da diversi generi, è varia, anche complessa senza eccessi cerebrali. Il suono della Guild Star- fire di Will è molto bello, talvolta pulito, talaltra leggermente sporco, ma sempre grosso e roton- do, molto vintage. Qui e lì c’è un po’ di sporcizia nel playing del chitarrista, ma a noi piace, ren- de la musica ancora più genuina; e poi il disco è stato registrato in un solo giorno! Insomma, Out & About non piacerà agli amanti dei funambolismi e del virtuosismo, probabilmente neanche ai puristi del jazz, ma farà la gioia degli amanti della buona musica. Mimmo Langella |
Goditi i contenuti di Axe riservati agli ABBONATI LA FINITURA ratteristiche screpolature della finitura, tan- Uno degli elementi più desiderabili delle to più fitte quanto più lo strumento era sta- Les Paul è senza dubbio il top in acero to sottoposto a sbalzi improvvisi di tem- con finitura sfumata, e fin dall’inizio della peratura. La Gibson ha aumentato la per- Historic Collection la Gibson ha prestato centuale di plasticizers per continuare a https://www.axemagazine.it/sito/abbonamenti usare vernici alla nitrocellulosa senza che molta attenzione a offrire tavole selezio- si verifichino inconvenienti, o almeno che nate in base alla ricchezza delle figure; ma si verifichino il più tardi possibile. Questo le vernici usate non sono identiche a quel- “ammorbidimento” della finitura, tuttavia, le originali. Quando si parla di vernice al- comporta una diversità al tatto rispetto a la nitrocellulosa, si allude a diverse for- un esemplare originale con la sua finitura mule, soggette a cambiare nel tempo. Inol- cristallizzata (condizione che con il tempo tre, per essere applicata, la vernice alla dovrebbe comunque verificarsi). nitro deve contenere solventi che evapo- rano rapidamente; a quel punto la verni- LA PATINA DEL TEMPO ce torna alla sua naturale durezza e ten- Per lo stesso motivo, ovvero ritardare il de a screpolarsi quando il legno si “muo- verificarsi di un difetto (la perdita di colo- ve” (espansione o contrazione secondo re nel tempo o fading), la formula della le condizioni climatiche). Per scongiura- vernice usata per la sfumatura è stata mo- re o ridurre tale inconveniente si aggiun- dificata in modo da garantire colori più re- gono i plasticizers, componenti che ritar- dano la solidificazione della vernice, co- Solo composti organici 1 anno sistenti. appassionati pagabili con l’aspetto am- 30 euro per (11 numeri) amano Molti me gli esteri, ovvero o bonifico bancario prodotti sottoponendo a un Paypal, Postepay brato, screpolato e scolorito delle chitar- processo det- re d’epoca, ma ogni strumento invecchia to reazione di esterificazione un alcol e https://www.axemagazine.it/sito/abbonamenti per cui in modo diverso e imprevedibile, acido carbossilico. Il nome con cui sono finiture corrispon- noti è probabilmente dovuto alla capacità In caso di cioè abbonamento regalo la denti Gibson vari di offre comunicarci nominativo dal ricorda a stadi varie d’invecchiamento, di rendere plastici, flessibili, materiali colore leggermente sbiadito altrimenti rigidi: nulla e a indirizzo email la dell'abbonato anche tramite di una chi- che vedere con tarra ben tenuta al colore ambrato e qua- plastica, quindi! una email a amministrazione@axemagazine.it si privo di sfumatura di una esposta fre- Tali prodotti sono sempre stati usati, ma quentemente ai raggi ultravioletti. Di con- in percentuale bassa; per questo le chi- seguenza, se si acquista una Les Paul re- tarre d’epoca alla fine sviluppavano le ca- ABBÒNATI all'edizione digitale stand-alone di Axe per Windows e Mac, scaricabile, residente, archiviabile e stampabile anche senza essere connessi a Internet. ISTRUZIONI PER LA RICHIESTA DI ARRETRATI https://www.axemagazine.it/sito/arretrati 49 4343 1010 |
n.211 giugno 2016 GALLERY GIBSON THE “SG” Negli Anni Settanta la Gibson impiegava 600 persone, produceva 300 chitarre al giorno e le richieste sembravano in continuo aumento. Alcuni scioperi spinsero la Norlin a cercare alternative allo stabilmento di Kalamazoo, nel Michigan, per abbassare il costo del lavoro, e intorno al 1975 fu aperto un nuovo impianto a Nashville, in Tennessee. La produzione delle Les Paul e degli unici due modelli di SG offerti all'epoca, la Standard e la Custom, fu spostata alla nuova fabbrica, mentre a Kalamazoo si costruivano mandolini, banjo e serie limitate di strumenti di prestigio o dietro ordinazione di clienti e negozi. Nel 1978 fu introdotto il modello The “SG” Standard, costruito a Nashville, inteso come alternativa a basso costo dell’SG Standard. Il nuovo strumento differiva dalla normale SG Standard per il legno usato per manico e corpo: noce invece dell'usuale mogano (con tastiera in ebano). L'aspetto era essenziale, con semplici segna-posizione a punto sulla tastiera, priva di binding, pickup Standard Humbucking al manico e Super Humbucking al ponte privi di coperchio, e un prezzo più basso ($ 499,50 contro i $ 629,00 richiesti per la SG Standard). Altra differenza era il logo Gibson dorato impresso sulla paletta. La sagoma era quella classica delle SG, ma, come per tutti i modelli di quel periodo, il corpo in tre pezzi era leggermente più corto e le smussature erano appena accennate, cose che facevano apparire questi modelli lievemente tozzi |
STANDARD, FINE ANNI ‘70 rispetto agli originali. Nel 1980 fu introdotta la The “SG” Deluxe, identica salvo l'uso di mogano al posto del noce, mentre entrambi gli strumenti venivano ribattezzati Firebrand Series, linea completata da modelli come la The “Paul” e la 335S, versione solida con corpo in mogano o acero della celebre ES-335. Ovviamente non si tratta di una chitarra vintage, ma rappresenta bene come, anche nella discussa epoca Norlin, la Gibson fosse in grado di sfornare strumenti solidamente costruiti, risparmiando sui fronzoli senza intaccare la sostanza, perfettamente utilizzabili anche a livello professionale. Ovviamente nell’economia del progetto vanno accettati il corpo in più pezzi e la finitura essenziale, ma la funzionalità non è compromessa e il suono è del tutto paragonabile a quello delle SG regolari, salvo un timbro un po' meno aperto, con una lieve accentuazione nasale, dovuta al noce nella “SG” Standard. Il pickup al manico era un classico T-Top, quello al ponte un potente humbucker con calamite ceramiche. Erano originariamente scoperti, con bobine nere per quello al manico e zebra per quello al ponte; sull'esemplare mostrato ignoriamo se siano stati sostituiti o semplicemente aggiunti i coperchi. In definitiva, una piccola, modesta, ma perfettamente utilizzabile chitarra che, a parte l'aspetto un po' rustico, non aveva molto da invidiare alle serie di maggiore prestigio come prestazioni e sonorità. Probabilmente la serie Firebrand rappresenta poco nella storia della Gibson, non assurgerà mai allo status di vintage, ma per chi cerca uno strumento affidabile e ben costruito, per fare semplicemente musica, può rappresentare un'ottima scelta, se il prezzo è ragionevole; infatti si tende ad attribuire loro, ingiustificatamente, la qualifica “vintage” al solo scopo di elevare il prezzo, a volte fino a superare di molto i 1.000 €, per strumenti che rimangono pur sempre di fascia economica, privi di valore storico o collezionistico. L'unica avvertenza: sostituire i potenziometri usati all'epoca, di solito da 300k, con altri logaritmici da 500k per un suono più arioso e brillante. Nel 1981 la The “SG” Standard fu tolta dal catalogo e ufficialmente sostituita dalla versione Deluxe. Nel frattempo la Gibson decise di abbandonare la fabbrica di Kalamazoo, spostando tutta la produzione a Nashville. Nel 1985 parte della fabbrica originale fu affittata da alcuni dirigenti e dipendenti della Gibson, non disposti a trasferirsi, che fondarono il marchio Heritage. A quel punto la produzione della The “SG” Deluxe venne interrotta e l'intera gamma delle SG fu riorganizzata con nuovi modelli. Pubblicato su Axe n. 211 - Giugno 2016 Riproduzione vietata © Edizioni Palomino 51 |