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Quando ho conosciuto Claudio Farinone, diversi anni fa, ancora prima di sentirlo suonare mi aveva colpito molto un suo racconto: dopo aver tenuto un concerto in un vecchio convento, in una delle valli sopra Varese, aveva scoperto che un androne produceva un riverbero naturale di particolare fascino. Colpito da quella situazione così speciale, Claudio non aveva esitato un momento a collocare il suo registratore digitale per registrare una serie di brani proprio lì, seduto su un angolo di quelle antiche scale. Il racconto, colorato dall'entusiasmo e dal senso dello humour che contraddistinguono Farinone, mi era sembrato emblematico di un atteggiamento certosino (è proprio il caso di dirlo), minuzioso e curioso, ma anche indice di grande disponibilità e apertura mentale. I chitarristi classici, sarà per una forma di pregiudizio, uno se li immagina spesso come puristi rigorosi, persone il cui approccio musicale è condizionato da regole strette, magari anche da tabù tecnici e posturali. Claudio Farinone, pur essendo senza alcun dubbio un chitarrista classico, è invece aperto alla ricerca, pronto ad avventurarsi in sfide coraggiose o incontri musicali non ortodossi che lo portino a esplorare dimensioni sonore eterogenee e fuori dagli schemi. In duo, trio o quartetto, il suo interesse è rivolto essenzialmente al dialogo e all'ascolto. Ciò è ancora più evidente nelle sue performance quale accompagnatore di una voce recitante, come avviene con David Riondino, o con le letture letterarie proposte dai docenti dell'Università della Svizzera Italiana, mandate in onda dalla radio ticinese. Ciò che può affascinare, in rapporto alla sua attività, è la sua scelta di differenziare la pratica strumentale su 4 diverse chitarre: la classica, la 8 corde, la baritono e la flamenco. Gli abbiamo chiesto di parlarci di questa sua attitudine e delle caratteristiche degli strumenti con cui si esibisce.