Jim Marshall per i musicisti rock è una sorta di padre putativo, l’uomo che ha fornito loro un elemento basilare per la produzione di album e concerti che devono molto al suono quanto alle idee musicali. Molti costruttori offrivano e offrono amplificatori di ottima qualità, ma i Marshall sono, da sempre, qualcosa di più, un elemento stilistico in molti casi parte integrante del messaggio artistico. Anche attualmente, quando ormai l’intervento di Jim Marshall sull’ideazione di nuovi modelli era più simbolica che reale, la sua figura continuava a rappresentare molto per i musicisti, che per questo ne piangono ora la scomparsa. Ricordiamolo, dunque, accennando ai modelli più importanti che ci hanno accompagnato negli anni.
In principio fu il "bluesbreakers"
I primi suoni che ci vengono in mente sono quelli di Clapton con i Bluesbreakers di John Mayall: Gibson Les Paul del 1960 e combo Marshall JTM45 (Model 1962, circa 40 Watt) con due altoparlanti Celestion suonati ad alto volume in studio. Le finali usate all’epoca erano le KT66 o le 6L6, ma nessuno è in grado di dire con certezza quali fossero montate sull’esemplare usato da Clapton. All’epoca il prezzo del combo era di 115 sterline, mentre per un Vox AC 30 ne occorrevano 143 e per un Fender Bassman 189. In realtà i primi modelli, così come il prototipo, erano testate con cassa 4x12” e quello usato da Clapton apparteneva già alla seconda serie di JTM 45, introdotta nel 1964 e disponibile appunto sia in versione “normale”, sia come combo.
Più volume e più coni
Anche se come sonorità nei loro dischi non hanno avuto lo stesso impatto, occorre ricordare gli Who, il cui chitarrista Pete Townshend, chiedendo una cassa con 8 altoparlanti da 12”, ha portato alla creazione dei celebri “stack”, ovvero due casse 4x12” da usare sovrapposte, con quella superiore con il frontale inclinato.
Nel 1966 è ancora aumentato il guadagno del primo stadio e si giunge a effettivi 50 Watt (Model 1987), sparisce la valvola rettificatrice (oltre i 40 Watt la rettificazione a stato solido è d’obbligo) e il canale Bright è reso ancora più brillante; inoltre per le finali si opta per le EL34. Questa è la versione prediletta da Jeff Beck, che all’epoca alterna una chitarra Les Paul e una Stratocaster. Beck possiede ancora quell’amplificatore, a suo dire con le valvole originali!
Cento Watt
Ancora Pete Townshend, con le sue richieste infinite di maggior volume, risulta promotore di un’altra evoluzione: lo sviluppo dei modelli da 100 Watt. Lo studio inizia già nel 1965, ma solo dopo molti esperimenti e circa un anno di lavoro si giunge alla produzione; anche se i primi esemplari hanno ancora il pannello vecchio stile, presto si adotta il nuovo stile, noto come “Plexi Panel”.
Il nuovo amplificatore (Model 1959 “Super Lead”) arriva al momento giu- Marshall Jim Marshall per i musicisti rock è una sorta di padre putativo, l’uomo che ha fornito loro un elemento basilare per la produzione di album e concerti che devono molto al suono quanto alle idee musicali. Molti costruttori offrivano e offrono amplificatori di ottima qualità, ma i Marshall sono, da sempre, qualcosa di più, un elemento stilistico in molti casi parte integrante del messaggio artistico. Anche attualmente, quando ormai l’intervento di Jim Marshall sull’ideazione di nuovi modelli era più simbolica che reale, la sua figura continuava a rappresentare molto per i musicisti, che per questo ne piangono ora la scomparsa. Ricordiamolo, dunque, accennando ai modelli più importanti che ci hanno accompagnato negli anni. sto: Hendrix è giunto a Londra e Clapton forma i Cream, entrambi sembrano condividere l’entusiasmo di Townshend per la novità e da quel momento un chitarrista rock che si rispetti “deve” avere una testata Marshall da 100 Watt con almeno una cassa 4x12”, meglio se con due. Come immaginare gruppi come i Free, i Deep Purple, i Ten Years After, i Vanilla Fudge, i Soft Machine, senza gli ampli Marshall alle loro spalle? Un chitarrista molto conosciuto negli studi e che si appresta a diventare una leggenda con i Led Zeppelin è Jimmy Page; anche per lui il Model 1959 è l’amplificatore giusto, cosa che proverà nel primo disco del gruppo.
Il master volume
Nel 1968 è creato un vero “mostro”, il Marshall Major, evoluzione di esperimenti che, a livello di prototipo, erano noti come The Pig (il maiale). L’utilizzatore più noto di questo modello è Ritchie Blackmore, per il quale Marshall aveva anche ideato un primitivo Master Volume (assente sugli esemplari di serie).
Un vero Master Volume sui Marshall arriva nel 1975, con il modello 2203 (100 Watt), per altri versi simile alle versioni precedenti e che molti considerano il picco dell’evoluzione del marchio, un vero riferimento per l’industria (il nuovo riferimento per i chitarristi, in campo rock, sta per diventare Eddie Van Halen).
Nuovo look
Gli Anni Ottanta non hanno lasciato molte ragioni per essere ricordati: il rock langue, la dance music impera e le chitarre sembrano avere suoni sempre più irreali; ma due cose degne di nota ci sono: Stevie Ray Vaughan e i Marshall JCM800. Con questa serie Marshall intende rinnovare soprattutto l’estetica; alcuni, infatti, sono semplicemente i precedenti Super Lead e Master Volume (rispettivamente Model 1959, Model 2203 da 100 Watt e Model 1987, Model 2204 da 50 Watt) nel nuovo stile, ma c’è anche una novità vera: il Model 2210 con channel switching, il cui canale “lead” è particolarmente apprezzato dai chitarristi rock.
Gli originali
In seguito si alternano serie meno felici e prodotti di buona qualità, ma la leadership sembra passata in altre mani, o meglio, saettare rapidamente da un costruttore “del momento” all’altro. Il mondo della chitarra sembra diviso fra scuola “inglese” e scuola “americana”, ma senza che a rappresentare le due parti siano necessariamente Marshall o Fender. Marshall reagisce con la serie 2000, che mostra come il marchio abbia ancora vitalità, ma infine è con le riedizioni accurate dei primi modelli e con i nuovi prodotti che offrono le caratteristiche migliori degli amplificatori “vintage” insieme ad altre mirate al chitarrista contemporaneo che il nome torna a imporsi; quasi a dire: bene ragazzi, ci avete copiato, a volte forse anche superato, ma sia chiaro che noi siamo gli originali, quelli che hanno dato il via…
Eh già, prima di andarsene Jim Marshall ha fatto in tempo a vedere il proprio marchio risorgere…
Mario Milan