True bypass or not true bypass?
Compreso che la sorgente di un segnale elettrico, sia si tratti del pickup sia di un effetto, deve, assolutamente e sempre, essere connessa a effetti e/o ampli con ingresso ad alta impedenza, pena il degrado del timbro, eppure accade che certi effetti creino ancora problemi.
Come mai? Lo sgradevole inconveniente si verifica soprattutto con gli effetti prodotti anni fa e, nella sua caratteristica generale, si nota mentre approntiamo la pedaliera, integrandola con “oggetti” vintage. Sugli ingressi delle loro reti circuitali erano adoperati normali transistor che, in questo senso non presentano le caratteristiche più adatte al trattamento del segnale. Il metodo più semplice per evitare problemi fu attuato, dove possibile, con il bypass passivo del circuito. L’idea era giusta, ma realizzata male. I pulsanti di switch, infatti, altro non erano che normali deviatori (purtroppo impiegati sino alla fine degli anni ‘70 e oltre), non concepiti dall’industria per quel tipo di uso; all’atto pratico si rivelarono un obbrobrio tecnico. Il tipo di bypass, oltre a non isolare affatto il segnale dal circuito, creava problemi di ordine meccanico e di contatto (vedi figura). Probabilmente la scelta fu causata da imposizioni di carattere commerciale...
Con il passare del tempo la tecnologia mise a disposizione dei progettisti (e dei commercianti) alcuni prodotti qualitativamente più adatti al compito sia dal punto di vista tecnico/qualitativo che del costo. Si trattava dei classici pulsanti adoperati ancora oggi praticamente da tutti: finalmente, non erano normali switch ma doppi deviatori. Come conseguenza, il nuovo circuito di bypass si rivelò in grado di sopperire egregiamente alla questione “isolamento del pickup dal circuito dell’effetto” (figura centrale), ma non risolvendo il problema in modo definitivo, per due motivi. La pratica di tutti i giorni insegna che i materiali si usurano. La stessa sorte capita ai pulsanti dei pedali: nella loro vita subiscono migliaia di on/off e, prima ancora di rompersi, procurano sgradevoli rumorini che inevitabilmente si odono amplificati. Inoltre, se il circuito elettrico dell’effetto non è ben congegnato, durante le commutazioni può innescare spikes dovuti a piccole scariche elettriche immagazzinate nei condensatori. Ma allora, qual è il miglior circuito di bypass? Per la mia esperienza, i migliori circuiti di bypass sono quelli che prevedono azione di switching attivata soltanto da elementi elettronici attivi, abbinati a circuiti buffer. In questi casi il chitarrista deve solo premere il pulsante, che, in questo caso, può non essere il classico interruttore/deviatore. Il terzo riquadro in basso nella figura rappresenta un bypass attivo. Il segnale entra nel primo buffer, che, come sappiamo, presenta alta impedenza d’ingresso e qualità tali da trattare perfettamente il segnale della chitarra. In uscita ad esso, lo si indirizza all’effetto (triangolo rosso), oppure si bypassa verso il secondo buffer, che, una volta trasformato il segnale da alta a bassa impedenza, lo invia al mondo esterno. Notata la presenza di altri due simboli elettronici? Si tratta di due transistor FET, in questo caso usati come interruttori. Sono posti uno in serie all’uscita del secondo buffer e l’altro in serie al segnale bypassato. Agiscono alternativamente in modo on/off a seconda della scelta. Quando uno dei due lascia passare il segnale, l’altro lo inibisce. Utilizzando questi elementi, il circuito di bypass è reso quasi ideale: perfetto adattamento d’impedenza del segnale, assenza di rumori indesiderati, minima presenza di parti meccaniche sottoposte a forte stress. Quale è quindi la mia opinione sul true bypass? True bypass meccanico, no grazie: preferisco l’elettronico.Finisce qui? No, da qualche tempo si affacciano sul mercato circuiti di bypass basati su tecnologia digitale. Un'altra volta...
Stefano Sabatino