Via la fiera
La notizia è sulla home page del nostro sito da qualche settimana e ci ha colpito come un sasso in faccia. Dopo mesi di pubblicità su rivista e sito, alberghi già prenotati, musicisti collaboratori allertati e incastro con le attività usuali pianificato, Music Italy Show 2012 non si farà!
Ci è stato comunicato con un’email alle ore 13.21 del 4 aprile scorso, troppo tardi per evitare che su Axe di aprile - già stampato - uscisse nuovamente la pubblicità a pagina piena della fiera abortita.
«BolognaFiere S.p.A. comunica la sospensione della Manifestazione Fieristica Music Italy Show, in programma presso il quartiere fieristico di Bologna dal 5 al 7 maggio 2012, costretta a constatare - malgrado il proprio impegno e la propria volontà - la mancata realizzazione delle condizioni definite con l’Associazione Dismamusica per la promozione e l’organizzazione della Rassegna», questo il laconico comunicato del gestore. Dal sito Dismamusica (goo.gl/RKe44) si apprende che: «(...) Dismamusica prende atto di questa decisione, che BolognaFiere ha preso in considerazione della negativa situazione economica e di mercato, che a un mese dall’apertura non era evidentemente tale da garantire un sereno e soddisfacente svolgimento della Rassegna.» Segue una dichiarazione di Claudio Formisano, Presidente Dismamusica: «(...) comprendiamo, condividendola, l’amarezza degli organizzatori ma comprendiamo anche la cautela delle aziende nell’effettuare investimenti di rilievo in un momento di mercato così difficile e complesso. (...).» Problemi economici quindi, inerenti all’“eterna” sofferenza del nostro mercato degli strumenti e alla crisi generale, un mix indubbiamente micidiale.
Ho sentito indicare, tra le possibili ragioni del passo indietro, la concomitanza con... il NAMM Musikmesse Russia in programma a metà maggio a Mosca! Mi si è anche detto che una fiera tradizionale non ha più senso al tempo della comunicazione su Internet.
Allora mi vien da pensare che i due NAMM annuali in USA, la Messe di Francoforte e quella di Shangai, cui ora si aggiunge la manifestazione russa, siano passi falsi di associazioni ed enti che sanno poco di come si lavora ai nostri giorni. In marzo di gente a Francoforte ce n'era, non tantissima ma abbastanza, giovani inclusi, venuti a vedere i propri beniamini suonare su palco, seguire le demo e farsi firmare gli autografi, provare gli strumenti di persona e spassarsela per una giornata, tra l'altro senza esser dissanguati per un panino e una bibita. Perché si dovrebbe visitare una fiera in Italia (nonostante l'ultima a Bologna due anni fa avesse raccolto molto pubblico) se gli strumenti stanno appesi ai pannelli, gli stand spesso sono transennati all'ingresso (e dietro ci sono i tavoli con drink e salatini riservati ai negozianti), i musicisti sono lì ma non suonano, tranne alcuni soliti noti che devono promuovere se stessi, scuole, metodi o altro. Per questo si è pagato un biglietto d'ingresso? Il problema è che se si fa una fiera avendo come scopo quello di attirare commercianti con cui siglare contratti e si perde di vista il quadro generale e dove scorre la linfa del comparto - limitazione che a mio avviso affligge molti nostri operatori - si rimarrà facilmente delusi.
Via gli operatori
Ora il vero motivo, a mio avviso, del mancato svolgimento di Music Italy Show: i soliti quattro o cinque grandi distributori non possono accollarsi la responsabilità e i costi di un’intera esposizione acquistando tutti gli spazi, ovvero: mancano i piccoli e medi espositori.
Ma questo non è un problema del 2012: c’erano una volta il SIM a Milano, l’Interexpo Music a Pesaro, il DISMA Music Show a Rimini, tutti sempre troppo cari per il nostro pianeta, senza parlare di campanilismi e considerazioni sulla praticità degli spostamenti. Ovviamente un po' è la crisi generale ed è sotto gli occhi di tutti. Sarebbe invece da approfondire la cronica scarsità di operatori, artigiani inclusi, disposti a impegnare qualche migliaio di euro l’anno in promozione: vogliamo dirci che da anni gli operatori commerciali di media grandezza e certi “grandi” piccoli sono quasi spariti, sostituiti dalla frantumazione in tante piccole attività online che per un verso non potrebbero permettersi uno stand in fiera e per l’altro hanno sviluppato definitivamente l’abitudine a promuovere i loro prodotti cercando i “mi piace”, le condivisioni, la cosiddetta pubblicità virale sulla rete, il tutto senza muoversi da dove si trovano? Fanno bene, per carità, ma mancano sempre più le piccole e medie aziende classiche, di quelle che facevano vero magazzino, avevano vere politiche commerciali, magari anche qualche vero dipendente e potevano ragionare su un vero budget da dedicare a pubblicità e promozione. Oggi abbiamo solo pochi grandi operatori, tanti marchi accentrati da grandi corporation quotate in borsa, alcuni importanti commercianti internazionali online e un mare di attività che ordinano alla fonte man mano che vendono all’utente finale, con giri d'affari, e conseguentemente orizzonti di sviluppo, piccoli.
E via un numero
Ne sappiamo qualcosa anche noi, aggiungendo alle crisi mondiale, italiana e del mercato strumenti quella dell’editoria, le cui vendite in edicola - inutile negarlo - sono in calo per tutti. I nostri interlocutori commerciali sono forse la metà di quelli che erano dieci anni fa, molti distributori sono spariti o si sono ridimensionati nel tempo, e i nuovi arrivati sono abituati ai prezzi della pubblicità di una rete che non sopporta sostanzialmente costi di produzione, a meno di non voler considerare tali i compensi dei webmaster. Se prendo come esempio il caso di Axe, il costo del prodotto cartaceo è circa 30 volte superiore a quello web. Qual è la differenza ai fini del messaggio? La non “volatilità” della carta, la sua autorevolezza per professionalità e “per legge” (si risponde legalmente, oltre che deontologicamente, per ciò che si scrive), il prestigio dell’inserzione e una certezza di contatto “totale” se paragonata all’ormai bassissima media mondiale CTR (click-through rate, ovvero numero di clic per visualizzazione di un banner: intorno allo 0,20%). Nel frattempo il prezzo di una pagina di pubblicità è rimasto praticamente immutato da dieci e più anni a questa parte mentre noi abbiamo investito tanto su rivista e tecnologia. Con il cuore gonfio di rammarico e stizza, mi vedo costretto a far uscire questo numero 173 come unico per maggio/giugno 2012, cui seguirà l’usuale luglio/agosto: le rinunce e i mancati rinnovi da parte di alcuni Inserzionisti di Axe ci costringono, in assenza di finanziamenti pubblici, a recuperare energie economiche da un maggior tempo di vendita in edicola: vivendo da sempre di mercato, ci rivolgiamo al mercato. Non si preoccupino gli abbonati, le cui scadenze verranno automaticamente spostate in avanti di un mese.
Per finire, non provo vergogna nell’esprimere un’appassionata richiesta di sostegno axista, citando lo scomparso sommo “imbonitore” televisivo: votatece l’edicole!
Fabrizio Dadò