PROVA A CHIAMARMI AGNELLINO
Axe 146
Attivi dal 1990, i Lamb Of God (LOG per amici e fan), sono una delle realtà più longeve e interessanti dell’attuale panorama metal americano. Il quintetto originario di Richmond, Virginia, sin dagli esordi fonde nel suo stile elementi chiaramente riferibili a band storiche quali Pantera, Machine Head, Testament e Slayer. Ne risulta un sound unico e potente, fortemente caratterizzato dal growl potente e minaccioso del cantante Randy Blythe, dal drumming solido e tecnico di Chris Adler, e dagli intrecci esplosivi delle chitarre di Mark Morton e Willie Adler. L’ultima fatica discografica, Wrath (2009, Roadrunner) vede la band tornare a un sound più diretto e immediato, dopo il precedente superprodotto Sacrament (2006). Le nostre orecchie subiscono un assalto frontale di riff di chitarra sparati dritti in faccia e innesti di batteria sempre potenti e mai fini a se stessi. Il sound dei LOG, da sempre principalmente improntato sulle chitarre distorte, presenta in questo lavoro elementi di novità con l’introduzione di chitarre acustiche ed elettriche pulite. Queste, ora con delicati arpeggi, ora con linee soliste malinconiche, disegnano momenti melodici inediti e a tratti sorprendenti, consentendo all’ascoltatore di respirare durante un ascolto che, altrimenti, avverrebbe quasi... in apnea! Tra i brani da segnalare, la delicata intro acustica di The Passing, il primo singolo In Your Words, la potentissima Fake Messiah, e la splendida Grace. Sicuramente un disco da ascoltare per tutti gli amanti del genere, che però siano in grado...di sopportare elevatissime dosi di adrenalina! Per esaminare a fondo Wrath, cogliamo l’occasione per parlare direttamente con Mark Morton, chitarra solista, nel backstage della data di Rimini del loro ultimo tour italiano; l’unica da headliner, visto che nelle altre hanno diviso il palco con Mastodon e, soprattutto, i Metallica. A dispetto della fama di timido, Mark è molto simpatico e insospettabilmente loquace: potenza delle chiacchiere tra chitarristi!
Mark, parlaci un po’ di Wrath. Sembra evidenziare un sound complessivo molto più incentrato sulle chitarre e scelte di produzione radicalmente diverse rispetto al valido e fortunato Sacrament...
Oh, certo! In effetti il sound di Wrath è assolutamente differente da quello di Sacrament, e quello che sentite è il risultato di un passo indietro in termini di produzione: abbiamo fortemente voluto tornare a un sound più naturale e aggressivo! In Sacrament gli interventi di produzione furono molto pesanti, fu realizzato in uno studio enorme e spettacolare... Anche Wrath è stato realizzato in uno splendido studio, ma partendo da un presupposto diverso, cioè non quello di realizzare un disco che suonasse bene a causa degli interventi di produzione, quanto piuttosto peravere una fedele testimonianza di quello che è il nostro vero sound, quello che si sente ai concerti, e quindi dare al prodotto finale un’impronta più... live! In Sacrament abbiamo creato artificialmente il “muro sonoro”, mentre in Wrath abbiamo cercato di restituire alle orecchie dei fan i Lamb Of God per quello che sono, con le chitarre attaccate agli ampli e via..
... E infatti a beneficiarne è soprattutto il suono di chitarra, molto più grosso! Cosa avete cambiato?
Abbiamo cambiato moltissimo, soprattutto nel modo diconcepire l’album, anche dal punto di vista strettamente chitarristico: in Wrath Willie [Adler, compagno d’ascia nei LOG] e io abbiamo registrato collegando le chitarre dritte negli ampli, con i microfoni piazzati davanti, e di lì dritti dentro ProTools; in Sacrament, abbiamo registrato le chitarre in diretta e poi abbiamo riamplificato le tracce con svariate combinazioni di amplificatori [reamping], fino a trovare un sound che ci soddisfacesse. Per Wrath volevamo tornare alle radici del nostro suono, a qualcosa di più naturale e, per certi versi, più... onesto! Abbiamo suonato al massimo delle possibilità, ma puoi ancora sentire qua e là strisciate sulle corde, rumori del plettro, cose che ti ricordano che abbiamo scelto consapevolmente di rinunciare a sovra-produrre per ottenere un risultato più vero, diretto e potente!
E riguardo alle composizioni è cambiato qualcosa?
Direi di no, non è cambiato nulla nel nostro approccio...Piuttosto abbiamo cercato di introdurre qualche elemento nuovo nel sound, come le chitarre acustiche e le chitarre pulite, alcuni arrangiamenti decisamente melodici e un uso abbastanza intenso delle armonizzazioni fra le linee di chitarra. Credo però che ciò dipenda, più che dalla produzione, da un naturale processo di nostra crescita come musicisti e compositori... Ma il processo in sé è rimasto lo stesso: partiamo da un riff di chitarra e da lì costruiamo il pezzo a piccoli passi.
Un ottimo esempio di questa evoluzione potrebbe essere il brano Grace...
Sì, in effetti credo sia un buon esempio del nostro stile: una combinazione fra riff veloci a note singole miste a power chord, con l’aggiunta dell’intro melodica suonata dalle chitarre clean.
E al centro un bel solo di chitarra...
Grazie!
Quindi non puoi evitare di raccontarci qualcosa di te, del tuo ruolo di chitarrista solista..
[Ridacchia]. Ok! Be’, se devo parlare del mio ruolo all’interno dei LOG, direi che per molto tempo sono stato concentrato principalmente sullo sviluppo del mio interplay con Willie. Nelle situazioni con due chitarre si possono generare gelosie per chi ha maggior spazio, ma Willie è un musicista eccezionale, una persona con cui è impossibile non andare d’accordo! Solo che, prima dei LOG, avevo sempre suonato in situazioni in cui ero l’unica chitarra, quindi gestire gli spazi era molto più facile. Ci siamo concentrati molto sulla maniera di integrarci al meglio, su come rendere il nostro sound complessivo più aggressivo e compatto. Per molto tempo non abbiamo messo assoli nella nostra musica, perché non ci sembravano funzionali alle composizioni. Come risultato del processo di crescita di cui parlavo, abbiamo deciso anche di dare maggior spazio alle melodie di chitarra, col risultato di avere un bel po’ di assoli in Wrath. È stato un processo molto graduale... E per me è stato un ritorno alle origini: ho fatto assoli per anni, quindi mi è venuto naturale inserirne anche qui. Riguardo al mio stile, puoi trovare molti elementi pentatonici, bluesy, ma anche southern-rock e classic-rock, combinati a tecniche ed elementi più moderni, come sweep picking e legato. Il solo di Grace è uno dei miei preferiti, con un buon equilibrio tra velocità, melodia, con linee che richiamano quelle dell’intro, e tecnica, con l’arpeggio in sweep verso la fine. Quello che mi interessa di più, però, è che mi sembra un solo molto musicale, ben inserito nel contesto della canzone.
Gli elementi che hai citato mi fanno pensare a uno dei miei chitarristi metal preferiti, Zakk Wylde...
Oh, sicuro! È anche uno dei miei chitarristi metal preferiti. Ma non potrei non citare Dime [Dimebag Darrell], un altro che amava fondere il metal con elementi blues, e Tony Iommi.
In effetti spesso il vostro sound riporta ai Pantera più brutali... Un altro fattore che vi caratterizza è l’accordatura drop D [6ª corda in re]: è un modo di accordare molto diffuso nel metal, solo che voi l’avete portato allo stato dell’arte, creando riff difficilissimi e intrecci chitarristici molto complessi: come avete sviluppato questo approccio?
Adesso è normale sentire gruppi che accordano gli strumenti in do#, si, addirittura in la cioè, accordando rispettivamente un tono e mezzo, una 4ª o una 5ª sotto; È bello, potente, ma quando noi abbiamo cominciato [più di 15 anni fa, nda] volevamo solo ottenere un modo per avere delle sonorità più gravi senza stravolgere completamente l’accordatura; poi abbiamo scoperto anche che era più facile suonare certi riff, e ottenere contemporaneamente anche intervalli più inusuali.
Be’, fatto da voi non sembra esattamente più facile...
Ah ah ah... In effetti forse è più facile suonare certi riff...lentamente! Se poi ti metti a fare cose molto veloci il discorso cambia! Inoltre, nel disco questa volta ci sono anche brani [come la citata Grace, nda] suonati accordando in drop C# [6ª in do#], per ottenere tonalità in più su cui muoverci: quello che volevamo evitare, infatti, era che il disco suonasse troppo piatto, “mono-tonale”. Se a questo aggiungi il fatto che, grazie all’accordatura drop D abbiamo alcuni pezzi in MI, suonati in seconda posizione, ottieni un gruppo di 3 tonalità invece di una, come invece succedeva in Ashes Of The Wake [2004, Epic], che secondo me resta uno dei nostri dischi migliori; ma se proprio devo trovargli una pecca era che risultava troppo “monotonale”..
Come hai iniziato a suonare?
È stato un periodo magico della mia vita: avevo 12 anni e... nessun talento specifico! Non ero un drago dello skate, né del baseball, né di altri sport in cui eccellevano i miei amici... A essere onesto facevo davvero schifo! Ma ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia molto musicale: il mio fratello maggiore e i suoi amici ascoltavano AC/DC, Van Halen, un sacco di hard rock. E quindi la musica ha rivestito subito un ruolo importante nella mia vita! A un certo punto chiesi in regalo ai miei una batteria; ma loro erano spaventati dalla eccessiva rumorosità dello strumento, così mi hanno fatto virare sulla chitarra [ingenui,nda], che da quel momento è diventata parte integrante della mia vita!Suonavo in continuazione, a volte fino ad addormentarmi sullo strumento, con grande disperazione di mia madre! Penso che una volta che capisci di voler essere chitarrista... lo diventi per tutta la vita! Non ha nulla a che fare col voler essere una rockstar e apparire sulle copertine. È pura simbiosi con lo strumento. A volte penso che sia stata la chitarra a scegliere me, non il contrario!
E riguardo agli artisti che ti hanno maggiormente influenzato?
Ho un background molto vario, ascolto generi musicali molto diversi, adoro il southern-rock, il blues; a volte, pur amando alla follia la musica che facciamo, mi sento un po’ frustrato, perché ci sono molti altri territori che vorrei esplorare. I miei primi eroi furono Jimmy Page ed Eric Clapton, e oggi penso che la mia più grande sfida sia proprio incorporare elementi presi da queste importanti influenze in un contesto metal: quando ci riesco, come nel caso di molti soli di Wrath, sono molto soddisfatto!
E la tua strumentazione? Sei endorser Jackson e hai un modello signature...
Sì, la Mark Morton Dominion! È uno strumento di cui vado molto fiero; il design e la realizzazione del modello definitivo hanno preso molto tempo, perché volevo realizzare qualcosa che incorporasse alcune caratteristiche estetiche e funzionali dei miei strumenti preferiti, come la [Gibson] Les Paul, la [Fender] Telecaster, la [Fender] Jaguar. Il design che ne è uscito è moderno e originale! Riguardo alle caratteristiche tecniche, la chitarra ha corpo e manico in mogano con costruzione neck-through-body, tastiera in ebano, due humbucker Seymour Duncan ’59 con coil-split individuale per avere anche i suoni dei single-coil, controlli di volume e tono individuali per ciascun pickup, e camere tonali che aumentano la risonanza del body. È un mix di caratteristiche classiche e soluzioni moderne, come la tastiera compound radius [raggio di curvatura variabile, da 12” sull’ottava bassa a 16” sulla seconda ottava, nda] o le meccaniche Sperzel autobloccanti.
Amplificatori?
I miei ampli sono gli stessi da anni: Mesa/Boogie! Uso la serie Mark da tantissimo tempo, mi ci trovo splendidamente e direi che quello è il mio suono. L’unica novità in futuro sarà probabilmente il passaggio al nuovo Mark V...Per alcuni soli ho usato anche dei Marshall, ma il mio suono è definitivamente Mesa!
Grazie per la disponibilità Mark! Vuoi lasciare un suggerimento per i nostri lettori, soprattutto i più giovani?
Non so se abbiano davvero bisogno dei miei consigli, ma quello che mi sento di dir loro è: suonate, suonate e suonate, e se sentite davvero dentro che la musica è la vostra vita, suonate... fino ad addormentarvi sulla chitarra o a farvi sanguinare i polpastrelli!
Marco Cardona