Anni fa una clinic di Steve Vai era uno di quegli eventi da segnare in rosso con largo anticipo sul calendario, in grado di smuovere masse di chitarristi famelici di didattica provenienti da tutta Italia, vista la difficoltà di vedere il “little Italian virtuoso”, come lo definì Frank Zappa, al di fuori di un contesto live...Ma i tempi cambiano, e nel 2009 Mr. Vai si presenta nel Belpaese con un tour di masterclass organizzato fin nei minimi dettagli,con tanto di programma disponibile online, dispense in Italiano (lette da Steve!) e jam finale col Maestro per dieci fortunati estratti tra gli oltre trecento presenti (con molte ragazze!). Assistiamo alla clinic tenutasi a Torreano di Martignacco (UD), presso la Groove Factory Music Academy, e scopriamo, con grande rammarico, che le ferree regole imposte da Steve prevedono l’impossibilità di registrare la clinic stessa, e di conseguenza di fornirvi un report dettagliato [per questo noi ci eravamo premuniti già dallo scorso anno, tenendoci da parte il report pubblicato su Axe 145: furbi, eh? Scusa Steve... Ndr]. In questa occasione ci siamo quindi accontentati di rubare a Steve un’intervista prima dell’esibizione e farci raccontare come nasce l’idea di questo ambizioso progetto didattico...
Questo tour di masterclass, intitolato Alien Guitar Secrets, è decisamente lungo: una cosa piuttosto inusuale per te, che sei noto per fare pochissime clinic: come è nata la formula di questi incontri didattici?Ho sempre pensato che un giorno avrei dovuto trovare il tempo per fermarmi a insegnare: è qualcosa che mi è sempre piaciuto fare! Solo che ogni volta che mi capitava di pensarci, mi dicevo “Un giorno lo farò...”, ma quel giorno non arrivava mai, per un motivo o l’altro... Così stavolta mi sono imposto di non rimandare oltre: ho sperimentato questa formula in un paio di date a Los Angeles ed è andata molto bene, così ho deciso di allargare il campo di questa esperienza... Ho fatto molte masterclass nel corso degli anni, ma in questo tour ho raggiunto una formula davvero efficace ed equilibrata, e ho ricevuto moltissime richieste da tutto il mondo. In definitiva è un’ottima attività da inserire tra un tour e la composizione di un nuovo disco. Ho appena terminato il nuovo DVD, uscirà a breve... È qualcosa di completamente diverso, una sorta di sfida: parlo di molti argomenti che mi stanno a cuore, che credo possano essere utili alla crescita artistica di un chitarrista e, più in generale, di un musicista!
Possiamo considerare questo tour come una delle conseguenze della pubblicazione di The Naked Tracks Box, cofanetto di 5 CD contenente tutte le basi della tua produzione di strumentali?No, è solo una coincidenza...
Però l’iniziativa del cofanetto è comunque interessante, visto che permette di confrontarsi coi brani più celebri del tuo repertorio accompagnati dalle basi originali, situazione ideale per il massimo coinvolgimento nello studio... Se tu, nelle vesti di insegnante, dovessi ascoltare un ragazzo suonare un tuo brano, cosa preferiresti, che lo suonasse esattamente uguale a come lo hai registrato, o che, rispettandone la struttura, ne desse un’interpretazione personale?Be’, sarebbe affascinante sentire qualcuno che suona i miei brani esattamente come li ho registrati, sarebbe come vedersi dal di fuori... Ma non sarebbe di sicuro la scelta più interessante, né quello che io suggerirei di fare. The Naked Tracks offre la grande opportunità di avere basi di alto livello su cui suonare! È una cosa che anche io faccio sempre: magari creo dei loop da determinate sezioni dei brani e mi metto a sperimentare frasi, lick, melodie, qualcosa che non puoi fare con una semplice drum machine! Tornando alla domanda, per me sarebbe infinitamente più interessante sentire un’interpretazione molto personale dei miei brani, sapere di aver stimolato la fantasia di uno studente, sentirlo applicare la sua espressività alle mie idee...Perché in fondo queste basi danno la grande possibilità di lavorare sul proprio stile prima ancora che sul mio.
Questo tour rappresenta anche un’ottima opportunità per comprendere dove nasce il suono di Steve Vai, qual è il nucleo del tuo setup e cosa consideri realmente indispensabile per ottenere le timbriche che hai in mente anche in una situazione di palco ridotto, come una clinic...Per queste clinic ho un setup molto ridotto... Sai, sono in una posizione fortunata: molte aziende mi cercano per realizzare strumenti su misura per me, che soddisfino le mie orecchie e i miei gusti estetici... Per esempio, ho disegnato la mia chitarra, la Jem, 22 anni fa, ed è uno strumento molto... idiosincratico! È stata pensata per agevolare al 100% il mio stile, ed è stata costruita assecondando completamente le mie esigenze! L’amplificatore che uso, il Carvin Legacy, segue lo stesso criterio: ho lavorato su molti prototipi di diversi costruttori di amplificatori, finché non ho trovato un amplificatore che producesse esattamente il suono che avevo in mente, quello che amo e che i miei fan sono abituati ad ascoltare sui dischi: non è un amplificatore per metal né per jazz. Ha un suono stupendo e molto personale, mai troppo aggressivo, che si adatta perfettamente al mio stile. E lo stesso succede con la maggior parte dei pedali: ho progettato il distorsore Ibanez Jemini perché interagisse alla perfezione con la chitarra e l’ampli; ma alla fine, il vero suono di uno strumento nasce... nelle dita e nella testa del musicista!
Be’, un altro accorgimento fondamentale è il fatto che non sacrifichi la stereofonia...Sì, in effetti sto usando un chorus stereo nel loop effetti - soluzione che non uso spesso, ma che in un contesto di setup ridotto funziona a meraviglia - , che sdoppia il segnale mono proveniente dal pre di una delle due testate Carvin, quella usata come master; dal pedale chorus, il segnale sdoppiato va a due Digital Delay Boss [DD-3], che trattano individualmente le due linee così ottenute, in modo da poter settare due delay differenti che si incastrino tra loro... [Per completezza e visto che Steve resta piuttosto abbottonato a riguardo, vi rimandiamo qui, in cui abbiamo riassunto con dovizia di particolari il setup utilizzato per le clinic. Nda].
Hai tempo di seguire il mercato discografico? Quale pensi che sia attualmente il ruolo della chitarra rock? Sembra che finalmente stiano tornando di moda gli assoli... Sinceramente, non ho un’opinione a riguardo, non ho tempo di interessarmene. Non seguo le mode: se avessi seguito le mode, avrei smesso di fare assoli negli anni ’90! Amo la chitarra, amo suonarla, amo avere il totale controllo del mio strumento: mi piace la sensazione che hai quando riesci a tradurre esattamente in musica ciò che stai pensando in quel momento... E sono soddisfatto del mio modo di suonare! Ci sono sicuramente musicisti con maggior controllo, o con più tecnica, ma non me ne curo: io ho sviluppato un mio linguaggio, molto personale, e il tutto senza mai diventare una popstar. Cosa che, ad esempio, mi avrebbe costretto ad andare molto più incontro alle mode. Le mode vanno e vengono ciclicamente negli anni, ma io ho la fortuna di non dovermi adattare, perché chi mi segue lo fa per la musica che propongo e il linguaggio che ho sviluppato. Per me suonare è pura libertà proprio perché non devo preoccuparmi di piacere necessariamente a tutti.
E se ti chiedessi qualche musicista di cui suggeriresti l’ascolto ai nostri lettori? Non mi riferisco necessariamente a chitarristi...In effetti non ascolto molti chitarristi: in generale mi piacciono le melodie di grande impatto... Se dovessi citare un chitarrista, ti direi Tommy Emmanuel, davvero bravo! Poi ci sono molti artisti validi nella mia etichetta [Favored Nations,ndr]. Ho sentito qualche chitarrista estremamente abile tecnicamente che però non mi comunicava assolutamente nulla dal punto di vista musicale: quando ascolto musica, ho bisogno che mi arrivino gli stimoli giusti, e la sola tecnica non è mai uno stimolo sufficiente, almeno per me!
E la religione? È uno stimolo forte per te, almeno da un punto di vista compositivo? Molti titoli di tuoi brani vi fanno riferimento...Ti dirò, la religione che seguo è quella che mi sono creato: non sono praticante di nessun culto, ma sostengo fortemente la conoscenza di sé come la più importante forma di religione. L’indagine sul proprio io, l’acquisizione della propria autocoscienza sono tra le conquiste più importanti di un uomo... Ma non credo che ciò influisca realmente sulla mia musica, se non per il fatto che quando mi esercito arrivo a livelli di concentrazione elevatissimi, tanto da escludermi quasi completamente dagli stimoli esterni e da trasformare la sessione di studio quasi in... meditazione!
Marco Cardona