RED LAMB
Tratto da Axe 177/178, Novembre/Dicembre 2012
E chi sono questi “Agnellini Rossi” con la bocca di Alien?! L’ennesima band di teenager arrabbiatissimi, pronti a smitragliare riff alla Meshuggah su bellicose chitarre con un numero di corde inverosimile: 8, 9, tutte in basso ovviamente? Ebbene, la risposta è no: il progetto Red Lamb, come scopriamo dalle poche note del booklet, nasce dalla mente/mani di due icone del metal (altro che teenager...): Dave Mustaine, leader maximo dei Megadeth, e Dan Spitz, ex-chitarrista degli Anthrax! In pratica due membri dei “Big Four”... Quindi le aspettative salgono notevolmente, e corriamo a documentarci. Il progetto non ha goduto del battage pubblicitario che ci si sarebbe aspettato per due simili protagonisti, anzi, il disco esce senza clamori direttamente su iTunes! Poi scopriamo che Mustaine riveste in questo lavoro il ruolo particolare di co-produttore e autore di tutte le lyrics, ma non viene accreditato alcun suo intervento vocale o strumentale all’interno del lavoro. Gli altri membri della band sono, oltre al citato Spitz (chitarre e basso), il “perfetto sconosciuto” Don Chaffin alla voce, Chris Vrenna ai synth e Patrick Johansson (ex-Rising Force) alla batteria. Scopriamo anche che il progetto nasce con il lodevole intento di portare alla luce il drammatico problema dell’autismo: Dan infatti ha due gemelli autistici e, per dare loro supporto, ha fondato con la moglie un’associazione no profit, cui è devoluto anche parte del ricavato dalla vendita del disco.
Parlando di musica in senso stretto, dobbiamo dire che di thrash qui ce n’è molto, fin dall’introduttiva The Cage, cadenzata dai pesanti riff di Spitz, più Megadeth, in questo caso, che Anthrax. Il timbro di Chaffin non colpisce particolarmente, anche se in Standby Passenger abbiamo un sussulto: nella strofa ricorda moltissimo Mustaine, tanto da farci dare un’ulteriore sbirciata al booklet... Puzzle Box è il primo singolo, il cui testo parla proprio del problema dell’autismo e della drammatica condizione di chi ne soffre, famiglie incluse. Il prodotto nel complesso è discreto, dotato di suoni non esageratamente “attuali”, con Spitz che macina riff come ci si potrebbe giustamente aspettare da uno degli alfieri del thrash; il drumming di Johansson è sempre potente e metronomico, anche se un po’ freddo e meccanico (ci si perdoni il luogo comune), mentre Chaffin a nostro avviso manca un po’ di personalità. Resta lodevole l’iniziativa di portare alla ribalta un così grave problema.
Marco Cardona