Cover di Live In Hyde Park, Red Hot Chili Peppers

Red Hot Chili Peppers

Live In Hyde Park

Warner 2004

Tratto da Axe 94, Dicembre 2004
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Quasi a celebrarne la carriera ventennale, ecco un doppio live che rappresenta la summa dei tre concerti che il quartetto più piccante del globo ha tenuto a Londra lo scorso giugno.

La scaletta attinge dalla produzione più recente (Californication e By The Way): si parte con una lunga jam che introduce Can't Stop; l'ascolto prosegue con una devastante Around The World, per poi passare a Scar Tissue. Il ritmo torna serrato con By The Way e il recente singolo Fortune Faded. John Frusciante canta ironicamente - speriamo! - una brevissima I Feel Love di Donna Summer, al limite della parodia. Immancabile Otherside, seguita da Easily e Universally Speaking. Wha-wha e basso in sedicesimi per Get On Top, forse il brano migliore, ricco di obbligati precisi; ben arrangiata la pop cover Brandy dei Looking Glass. Il primo disco si chiude con Don't Forget Me e con il gradevole inedito Rolling Sly Stone.

Si riparte con Flea che funkeggia in Throw Away Your Television; interessanti gli intrecci di Purple Stain. Sul finale di The Zephyr Song i nostri si prodigano in una lunga improvvisazione, con il basso arpeggiato che supporta le melodie elementari di Frusciante, a introdurre Californication. Su Right On Time i quattro sfruttano ancora la coda improvvisata per sfociare in Parallel Universe, brano in cui le stonature di Kiedis... riescono addirittura a sovrastare i bending dissonanti del chitarrista! Chad Smith si ritaglia un siparietto con Drum Homage Medley, in pratica un Bignami di riff storici. Frusciante preme quindi il piede sul fuzz per il velocissimo punk Black Cross dei 45 Grave. Il bassista passa alla tromba (opportunamente effettata) e si lancia in una serie di pernacchiette degne d'un synth d'annata, arrivando addirittura a citare un'improbabile Billie's Bounce di Charlie Parker. Conclude Give It Away con un lunghissimo finale.

A questo punto c'è da chiedersi: cosa pensare dei bending stonati, del suono sgraziato, della mancanza di tiro e creatività nei soli del buon Frusciante? Ben poco: forse l'unica è cercare di immedesimarsi nel chitarrista che, a fronte di una sterzata stilistica della band, ormai avviata verso un rock melodico venato di... MTV, si abbandona a nefandezze tecniche degne dei suoi imberbi emuli: in effetti il disco, specialmente nelle interminabili dilatazioni solistiche, suona un po' da saletta parrocchiale.

Simone Salvatore


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