Cover di Yngwie Malmsteen Rising Force, Perpetual Flame

Yngwie Malmsteen Rising Force

Perpetual Flame

Rising Force/Audioglobe 2008

Tratto da Axe 147, Ottobre 2009
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Estate bollente per i fan di Yngwie Malmsteen. È di settembre l’uscita in Italia del DVD Live In Korea dal tour coreano del 2001 con Mark Boals alla voce. Di poco precedenti le uscite di altri due DVD, Live In The Budokan, ripreso durante il tour del ‘94 e ora disponibile fuori dal mercato asiatico, e Live Animal, dal tour in Brasile del ‘98. Inoltre, da luglio di quest’anno è disponibile l’inedito CD The Genesis, contenente sei brani registrati nel 1980 con un 8 tracce e materiale video dello stesso periodo. Infine, è Angels Of Love l’ultimissimo lavoro dello svedese in ordine di tempo; oltre all’inedita Ocean Sonata, contiene alcune delle sue ballad preferite proposte in chiave strumentale, principalmente acustica.

Noi però qui ci occupiamo un po’ più in dettaglio del furioso Perpetual Flame, uscito nel 2008 ma disponibile in edizione italiana solo dalla fine dello scorso luglio (Rising Force Records/Audioglobe, stessa etichetta e distribuzione anche per tutti gli altri titoli citati), realizzato con il cantante Tim Owens (Judas Priest, Beyond Fear).

Bene, la fiamma della passione musicale, della coerenza artistica e di una tecnica che non conosce cedimenti, anzi, se possibile, sembra sempre più solida e affinata, arde perpetua, brucia tra le dita di questo gigante della chitarra, uno dei pochi capiscuola rock dopo Hendrix. Un’affermazione è forte, in dissenso con chi avesse sottovalutato o addirittura apertamente disdegnato questo disco. Il motivo è probabilmente da ricercare in una voglia di stimoli che hanno più a che fare con le urgenze del consumo che con quelle della musica, e Perpetual Flame non può certo soddisfare le prime: è il “solito” nuovo grande disco di un talentuoso campione della chitarra elettrica dallo stile unico e imitatissimo da 25 anni!

Come tutti i grandi musicisti, in particolare i grandi solisti, Malmsteen ha il suo stile e questo attraversa i generi (metal, hard, sinfonico, rock, blues, acustico) rispettandone la forma, ma senza mai perdersi, limpido, potente e personale. Ecco, per fare l’esempio di altri settori artistici, nessuno si sognerebbe di chiedere a un regista o a un pittore di “cambiare” stile, modo di esprimersi attraverso diversi soggetti, anzi la cosa sarebbe vista con sospetto. Buñuel, Botero o anche Mozart sono riconoscibili nelle loro opere e il “ripetersi” del loro stile può deludere fino alla fuga solo chi non li ha veramente compresi e amati. Nel nostro mondo a seicorde le cose sono strane, un po’ diverse, soprattutto in una comunità che ha difficoltà a riconoscere dove si annida il vero “manierismo” e che tende troppo presto e troppo facilmente a metter da parte grandi vecchi, innovatori, tradizione e riferimenti culturali che in altri luoghi sono oggetto di cure amorevoli, come testimonia la recente scomparsa di quel genio di Les Paul, attivo fino alla fine e amato da intere generazioni di chitarristi, mentre io credo che qui da noi per molti sia solo il nome di un fortunato strumento e pochissimi si siano mai preoccupati di sentirlo all’opera.

L’abnegazione con cui Malmsteen cura la sua espressività, la pulizia esecutiva, la tecnica adamantina, la voce dello strumento, la forza di ogni singolo riff così come le influenze della grande tradizione musicale europea permea tutto Perpetual Flame, trasformandolo in un ideale ponte all’indietro verso il primigenio Rising Force (1984). Incredibilmente, nulla, tranne lo stupore e l’attitudine dell’ascoltatore, è andato perso da quell’epoca, i due album sono come cerniere opposte e supplementari di una produzione vasta che muove tra metal, orchesta sinfonica, ispirazioni rock anni ‘70 senza mai perdere impatto, coerenza e unità di stile. Al terzo ascolto, m’inchino davanti all’ultima devastante opera elettrica di Sua Maestà lo Svedese.

Fabrizio Dadò


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