Cover di Live. EnRoute, John Scofield Trio

John Scofield Trio

Live. EnRoute

Verve 2004

Tratto da Axe 90,Luglio/Agosto 2004
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È sempre un grande piacere occuparsi di John Scofield, che, nonostante l'iperattività, non smentisce mai stile e classe per regalarci sempre più spesso dei piccoli gioielli che crescono nel tempo e nella memoria. Ed ecco che, quasi fosse una buona bottiglia di vino da custodire in una cantina sicura, questo recente live al Blue Note di New York testimonia come la brillantezza e lo stile del chitarrista non siano per nulla offuscati.

Quinto disco dal vivo ufficiale, EnRoute si pone come una sorta ritorno introspettivo alla concezione del trio dei primi anni '80 del chitarrista, testimoniato dai dischi Out Like A Light e Shinola, in cui era già presente il grande bassista Steve Swallow. La batteria del vecchio compagno Adam Nussbaum è sostituita da quella del geniale Bill Stewart, maestro della poliritmia lanciato giovanissimo da Scofield nei primi anni '90 con Meant To Be.

Tutto perfetto per una documentazione accurata dell'attuale stato di Sco dal vivo: una forma smagliante, suono ricco e potente grazie anche a una maggiore profondità nella plettrata, legati, timing e grande sapienza improvvisativa sempre correlata e interpolata ai due co-protagonisti Swallow e Stewart. Colpisce la reinvenzione slow di Alfie di Burt Bacharach/Hal David, impreziosita da delicatezze e armonici. Il trio non si fa pregare neanche nelle situazioni più impegnative e incalzanti, dove il fraseggio scofieldiano si indurisce e non disdegna frasi veloci in sedicesimi in pura renaissance be-bop come avviene in Travel John.

Insomma, il newyorkese, quasi come il concittadino e cineasta Woody Allen, elargisce annualmente dei gioielli che restano nella memoria, ma che forse fanno venir meno il rischio e l'avventura che hanno sempre contraddistinto l'evoluzione del chitarrista nel corso degli ultimi anni. Cresce dentro di noi, nonostante l'indubbio piacere dell'ascolto, una maggiore attesa per un lavoro non tanto migliore, ma semplicemente più coraggioso o addirittura meno scofieldiano.

Di questa istantanea al Blue Note ci restano nella memoria i ritmi incalzanti di Name The Tune di Swallow e lo slow bluseggiante Hammock Soliloquy, con le sue deliziose variazioni formali e ritmiche. Tutto concepito e incastonato in una perfetta atmosfera per nulla autocelebrativa ma decisamente intima, in cui il dialogo rimane il luogo privilegiato e il virtuosismo è più una conseguenza pratica che un fatto voluto.

Mauro Campobasso


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