GUIDA AL LOOP EFFETTI
Tratto da Axe 10, Settembre/ottobre 1996
Arretrato esaurito
All'inizio degli anni '80 sugli amplificatori per chitarra è comparsa una coppia di prese jack comunemente indicata con il termine di effect loop. Infatti era sorta la necessità, da parte del chitarrista, di poter utilizzare insieme al proprio amplificatore gli apparati di effetto che erano stati studiati per l’uso in sala di registrazione, e perciò con dei livelli di segnale, sia in ingresso che in uscita, non compatibili col tradizionale collegamento degli effetti a pedale tra chitarra e amplificatore.
Inizialmente l'effect loop era essenzialmente un sezionamento del segnale posto tra la fine della sezione di controllo, ovvero il preamplificatore, e lo stadio finale di potenza dell'amplificatore stesso; infatti era spesso indicato con le diciture Pre Out / Pwr Amp In, in quanto inizialmente previsto per un uso separato del pre e/o del finale.
In seguito, con l’affermarsi dei multieffetti digitali sempre più evoluti e contemporaneamente più economici (talora dedicati specificamente alla chitarra), si è avuta un’evoluzione della struttura dell'effect loop fino ad avere contemporaneamente su uno stesso amplificatore sia l'FX loop che il vecchio Pre Out / Pwr Amp In.
Loop seriale e loop parallelo
Il loop seriale è un'interruzione della catena dell'amplificazione in cui si inserisce il dispositivo di effetto desiderato, per cui il segnale transita sempre attraverso l'apparecchiatura aggiunta anche quando questa è in bypass.
Nel loop parallelo il segnale proveniente dal preamp viene invece sdoppiato: una linea è inviata all'uscita send e quindi all’effetto, mentre l’altra prosegue all'interno dell'amplificatore (dry) per essere poi miscelata con il segnale effettato (wet) proveniente dal return.
È chiaro che nel secondo caso la porzione di segnale diretto non viene sporcata dal transito nell'effetto come nel caso del loop seriale; per contro il problema del loop parallelo è che, se il circuito non è stato progettato in modo che il segnale presente sul return non rientri, per quanto attenuato, nel send, si possono avere fenomeni di innesco dell'effetto su se stesso, tipo musica “spaziale” anni ‘70 (quando va bene).
In genere, quando ben progettato, il loop parallelo prevede nella sua circuitazione la presenza di uno stadio separatore, altrimenti detto buffer, al fine di impedire il suddetto fenomeno.
Livelli del segnale
Innanzi tutto bisogna considerare il livello di accettazione d'ingresso e il livello d'uscita del processore di effetti utilizzato. Infatti bisogna considerare che un pedale effetto tipo Boss o Ibanez, per citare i più comuni, è stato progettato per gestire il segnale di una chitarra, che anche con il pickup attivo più potente fornisce un segnale alquanto basso. Se quindi si volesse inserirlo nel loop dell'amplificatore dovremmo, quanto meno, assicurarci che quest'ultimo disponga delle regolazioni di livello in modo che il segnale uscente dal send non saturi l'ingresso dell'effetto e che il segnale uscente dal suddetto pedale sia amplificato in quantità almeno sufficiente per pilotare il resto dell'amplificatore e non sentire la propria bestia da 100 e passa Watt trasformarsi in un micino!
Nel caso più ortodosso di un effetto in formato rack o mezzo rack i problemi di regolazione dei livelli sonori sono un po' più semplici, sempre che si presti la necessaria attenzione nelle regolazioni. Generalmente queste apparecchiature sono dotate di proprie regolazioni sia d'ingresso che d'uscita, per cui è possibile collegarle anche ad amplificatori dotati del solo vecchio classico sezionamento tra pre e finale.
Per ottenere un buon accoppiamento tra effetto e amplificatore un metodo consiste nel regolare il segnale entrante all'effetto in modo che l'indicatore di segnale lampeggi appena sul colpo di plettro o sulla pizzicata in modo da permettere ai convertitori da analogico a digitale (ADC) di sfruttare al meglio la loro risoluzione senza però andare in distorsione. Per regolazioni di volume d'ingresso troppo basse si avranno dei campionamenti poveri di dati e quindi poco fedeli, mentre per regolazioni troppo abbondanti tipo “rosso fisso” si avrà una buona dose di crepitii. Il livello di uscita invece andrebbe regolato in modo che, infilando e sfilando lo spinotto jack che riporta il segnale effettato al return, non si abbiano apprezzabili variazioni di volume.
Per concludere rimane da suggerire un trucchetto che vale la pena di tentare nel caso di sistemi con pre e finale in formato rack: proviamo, quando è presente l'effect loop, a uscire dal send e, anziché rientrare nei return del preamplificatore, collegarsi direttamente agli ingressi del finale. Così facendo è possibile guadagnare un pelino di trasparenza in più sui clean. Occhio al groviglio di cavi e saluti!
Vincenzo Tabacco