GUIDA ALL’USO DELLE SIMULAZIONI DI AMPLI NEI MULTIEFFETTO
Tratto da Axe 123, Luglio/agosto 2007
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Un paio di settimane fa, a un concerto heavy, sono rimasto colpito, molto negativamente, dallo strano timbro della chitarra. Allora sono andato a osservare da vicino e con attenzione il setup del musicista. Lo strumento era di ottima fattura, l’ampli (aargh... il mitico Marshall JCM800) apparentemente in più che buone condizioni.
Il chitarrista, piuttosto bravo, usava anche un noto multieffetto digitale, ma il suono, proprio non era all’altezza della situazione. In particolare, le note alte erano povere di definizione, quasi impastate, mentre le medie, piuttosto attenuate, in alcuni passaggi dell’accompagnamento perdevano di sostanza e presenza. Insomma, per farla breve, dagli speaker della sua 4x12”, usciva una distorsione che,secondo me, non è mai riuscita ad essere personale e aggressiva al punto giusto. Ho pensato che il problema fosse dovuto a un errore del fonico oppure all’errato setting dell’ampli. Nulla di tutto questo. In realtà il chitarrista aveva deciso di non bypassare il circuito di “simulazione di amplificatore” presente sul suo multi effetto e di entrare nell’ampli con un suono già molto processato.
Causa errata interpretazione d’uso di questa utile funzione, il disastro timbrico era stato sparato nelle orecchie di tutti i presenti. Proviamo a capire insieme dove è stato commesso l’errore. Sappiamo che non esiste un amplificatore per chitarra che suona come un altro. Ogni modello, infatti, possiede una propria personalità dovuta a diversi fattori concorrenti, tra i quali spiccano la correzione introdotta dalla rete di controllo dei toni, la risposta del circuito d’uscita (valvolare o no, il principio vale in entrambi i casi) e il comportamento tipico dell’altoparlante/diffusore collegato. Queste variabili fanno sì che la risposta in frequenza di un ampli sia pesantemente equalizzata e resa del tutto diversa da quella di un ampli per applicazioni audio e hi-fi (lineare).
Ok - avrete pensato - ma che vuol dire? A noi occorre un suono da chitarrista e non uno hi-fi. È vero, ma nel caso in cui sia previsto l’utilizzo della funzione di “simulatore di amplificatore” o di “simulazione d’altoparlante”, al musicista occorre un amplificatore hi-fi e non per chitarra. Guardiamo la figura. Possiamo notare: in alto a sinistra una testata e la sua cassa, sotto al centro un multieffetto abbinato alla testata, e in basso un amplificatore di potenza lineare a stato solido che riceve in ingresso (input) il segnale del multieffetto.
I tre grafici della risposta in frequenza, uno sopra all’altro, appartengono ai tre diversi sistemi di amplificazione indicati. Il primo in alto è tipico di un amplificatore per chitarra connesso direttamente allo strumento. Le note basse sono dolcemente attenuate dai 100 Hz in giù, le medie sono equalizzate con un deep fra 350/700 Hz (questo trucco apre il suono), le medio-alte sono enfatizzate di almeno 3 dB a partire da 1/2 kHz e le alte, anch’esse enfatizzate, drasticamente filtrate dai 5/6 kHz in su.
Il secondo, quello rosso, rappresenta l’equalizzazione ottenuta sommando quella dell’ampli a quella del multi effetto (nel caso vero, il chitarrista utilizzava la simulazione del Vox AC30). Come si vede è fin troppo diverso dal primo. Le note basse sono troppo filtrate e praticamente assenti, le medie presentano un deep troppo profondo e le alte sono adatte dell’ascolto da parte... di un pipistrello. Si tratta di un risultato musicalmente non utile che ha creato danni timbrici.
Il terzo grafico, del tutto simile al primo, è quello ottenuto da un multieffetto con simulazione di amplificatore attiva e funzionante, ma in questo caso connesso direttamente a un amplificatore di potenza audio a stato solido e quindi lineare. L’amplificatore di potenza si comporta da circuito di amplificazione trasparente (hi-fi) e la risposta del simulatore, per nulla modificata, rimane indistorta, simile a quella di un vero ampli per chitarra.
Per fare un esempio pratico, anche i processori per chitarra acustica da noi testati su Axe n.120 agiscono allo stesso modo. Infatti durante le prove, come dovuto, ci siamo ben guardati dal testarli in un ampli per chitarra, ma connettendoli direttamente a un diffusore attivo di tipo audio.
Certamente, è impossibile negare al chitarrista che la sensazione dinamica e la particolare modalità di funzionamento tipica degli ampli valvolari sia sempre desiderata e forse la scelta di suonare con lo stupendo JCM800 è condivisibile. Però, se proprio si deve optare per un setup tipo multieffetto-ampli valvolare, conviene orientare la scelta sui modelli meno “sporchi” timbricamente per antonomasia, quali sono, per esempio, i Fender Twin.
Per concludere, un processore per chitarra, nella sua funzione di simulatore, è utilissimo per interfacciare lo strumento direttamente al mixer, ma si tratta pur sempre di un accessorio esagerato per chi desidera connettersi a un PA senza dover ricorrere a materiale così ingombrante. In uno dei prossimi numeri, cercheremo di accontentare chi ha bisogno di una direct box analogica per chitarra elettrica e in seguito presenteremo anche il progetto di un diffusore adatto a essere pilotato da una pedaliera munita di simulazione di altoparlante.
Stefano Sabatino
Commenti
E se io avessi bisogno di salvarmi delle patch per suonare da SRV a Gilmour e richiamarli in live quando servono, come mi posso organizzare? Perché la mia idea era un multieffetto nell'ampli. Grazie per l'eventuale risposta
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