MARIO SCHILIRO’
SEI CORDE ALLO...ZUCCHERO
Axe n.133
Incontriamo uno dei chitarristi italiani che più ci rappresenta nel mondo: Mario Schilirò, musicista sensibile e dalla grande personalità, cultore del suono della chitarra e, non ultimo, dotato di spiccate qualità umane. In quasi quarant’anni di carriera ha affiancato i più grandi artisti italiani, mettendo a loro disposizione uno stile personale unito a un gusto musicale sopraffino. Da anni alla corte di Zucchero Fornaciari, ha condiviso il palco nei tour mondiali con artisti di indiscusso spessore. Colpisce la sua estrema disponibilità nel raccontarci la sua vita da musicista…
Parlaci dei tuoi esordi musicali…
Il mio primo approccio con la musica è stato con la chitarra, anche se dopo qualche anno ho cominciato a studiare contrabbasso presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Diciamo che in qualche modo ho un’estrazione musicale anche classica… Dopo quattro anni di contrabbasso mi hanno praticamente cacciato e la mia anima rock ha prevalso su tutto! Ho continuato a suonare la chitarra influenzato dai vari gruppi dell’epoca, Beatles e Rolling Stones in testa, ma anche Who, Led Zeppelin e Deep Purple. Poi sono entrato a far parte dei Teoremi, mio primo gruppo in assoluto, con cui abbiamo inciso un disco dalle influenze rock progressive.
Com’è avvenuto il passaggio al professionismo?
Dall’incontro con [il tastierista] Toto Torquati, grande musicista e arrangiatore, con cui iniziai i primi lavori in studio, con non poca difficoltà da parte mia, in quanto ancora non avevo una preparazione adeguata sullo strumento. Fu un’esperienza fondamentale per la mia formazione musicale. Da lì sono nate una serie di collaborazioni, sia live che in studio, con molti artisti: per citarne alcuni, Riccardo Cocciante, Rettore, Claudio Baglioni, Antonello Venditti… Con Venditti però la collaborazione è durata quasi un ventennio… Sì, in effetti una lunga collaborazione anche se a fasi alterne. Con Antonello ho partecipato a tour e dischi e ho un rapporto che dura tuttora, avendo suonato anche sul suo album Dalla pelle al cuore [2007].
Ma la svolta della tua carriera è stata sicuramente l’ingaggio nella band di Zucchero, che ti ha portato in un circuito mondiale…
Sono entrato a far parte della band di Zucchero tramite un’audizione nel lontano 1994, e c’è stato subito un ottimo feeling, mi sono trovato a mio agio; con lui è stato come se fossimo sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.
Che cosa richiedeva Zucchero da un chitarrista?
Onestamente mi sono un po’ buttato… Nel senso che la produzione mi fece avere i brani per l’audizione e, non sapendo precisamente cosa fare, mi limitai a seguire le linee principali aggiungendo molto di mio.
Adotti questo approccio per qualsiasi lavoro che ti trovi ad affrontare?
Diciamo che è una mia prerogativa: imporre il mio stile, anche perché, così facendo, riesco a dare sempre il meglio.
Ma ti è mai capitato di dover eseguire parti non consone al tuo stile?
Raramente, forse a inizio carriera. Adesso chi mi chiama di solito richiede un certo tipo di suono e modo di suonare. Mi ritengo abbastanza fortunato! Con Zucchero hai avuto la possibilità di suonare sullo stesso palco con chitarristi del calibro di Eric Clapton, B.B. King, Brian May e molti altri.
Raccontaci questa esperienza.
Una caratteristica comune che ho trovato in questi grandi musicisti è sicuramente l’umiltà e la semplicità; in più hanno tutti un carisma che non mette mai in soggezione.
Da questi grandi, a livello musicale, hai avuto qualche rivelazione?
La più grande illuminazione che ho avuto è che la loro forza è la convinzione in quello che fanno. Io li ho sempre adorati, ma – e con questo non li voglio sminuire - tecnicamente non fanno niente di sorprendente: poche cose semplici ma alla grande, e ognuno ha la sua identità.
Cambiamo discorso: con quarant’anni di carriera alle spalle, riesci a fare un resoconto della vita da musicista?
È una vita piena di alti e bassi. Quando c’è il lavoro è la professione più bella del mondo perché guadagni facendo qualcosa che ti piace,viaggi, fai esperienze. Le difficoltà nascono nei periodi più bui e se non c’è una grande passione a sostenerti è veramente dura. Devo dire che per me il discorso è anche diverso; ho cercato sempre dei contesti lavorativi dove riuscissi a mettere a disposizione la mia personalità; quindi le difficoltà sono state maggiori, in quanto rifiutavo tutto il resto. Però questo alla lunga ha pagato. Io provo ancora entusiasmo nel suonare!
Parlando invece di suono, fai parte della tipologia di chitarristi che tendono a cambiare strumentazione di continuo. Cos’è, ricerca o insoddisfazione?
Semplice curiosità. Il suono che voglio ottenere ce l’ho bene impresso in testa; provo e cambio mille pedali, ma per ottenere sempre lo stesso suono; lo faccio semplicemente con mezzi diversi, ma per ottenere lo stesso risultato, anche se alla base un pizzico di insoddisfazione c’è. Cerco sempre di migliorare il mio suono, e poi sono un inguaribile consumatore di effetti per chitarra!
A questo punto elenchiamo la strumentazione, per lo meno quella attuale [l’intervista è del giugno 2008, ndr].
La chitarra che utilizzo più di tutte è una Stratocaster sunburst del ’63 tutta originale, tranne il pickup al ponte sostituito con un Kinman con bobine sovrapposte. Poi ho un’altra Strato del ’65, una Les Paul Gold Top del ’53, una doppio manico Gibson modello SG [EDS-1275, più pre-cisamente; ndr] relativamente recente, degli anni ’80, una Gibson SG del ’68 con pickup P-90, una semiacustica Gretsch 12 corde degli anni ’60, una Tele style Nash Guitars artigianale molto bella, acquistata negli Stati Uniti. Come ampli, dal vivo uso un vecchio Marshall Lead 100 dei primi anni ’70 collegato a due casse Marshall 4x12” con coni [Celestion] Greenback. In studio utilizzo un Vox AC30 TopBoost del ’65, meraviglioso, uno dei primi con tela marrone e plancia dei controlli rossa; poi un vecchio [Fender] Twin [Reverb] blackface del ’65, che spesso utilizzo anche dal vivo per i suoni puliti, un Super Amp Fender del ’63, che uso raramente, un bellissimo Super Reverb blackface, e per finire uno dei primi Mesa/Boogie serie Mark II, che in realtà non utilizzo mai. Per quanto riguarda gli effetti, nella pedaliera ho un vecchio [distorsore Pro Co] Rat che inizialmente era a rack; l’ho fatto smontare e lo uso come pedale, con una sonorità a metà tra distorsore e fuzz; poi ho un vecchio [distorsore] Sonic Distorsion [SD9] dell’Ibanez, overdrive MNK artigianali costruiti in Italia da Sergio Manco [www.mnkguitartone.it], altri pedali artigianali LAA Custom costruiti da Carlo Sorasio [laa-custom.com], un vecchio [Deluxe] Memory Man dell’Electro-Harmonix. Utilizzo i riverberi digitali della [pedaliera] T.C. Electronic G-System, che mi permette anche di escludere i pedali analogici quando non sono in uso. Come wha ho un vecchio Vox e un [Dunlop] Cry Baby, ma il primo è quello che utilizzo maggiormente.
Progetti?
A parte i tour con Zucchero, vorrei realizzare un mio progetto strumentale in quartetto e incidere un disco con i miei brani. Sul mio sito Internet [www.marioschiliro.com] trovate tutte le informazioni e anticipazioni.
Consigli ai lettori?
Sicuramente studiare tutto quello che didatticamente può essere utile ma non fermarsi solo a questo aspetto e quindi cercare di coltivare contemporaneamente il proprio talento musicale, sviluppare la propria fantasia, la propria creatività, per evitare di rendere lo studio sterile e fine a se stesso. Altro consiglio è ascoltare sempre buona musica per sviluppare una buona musicalità. E poi continuare a leggere Axe!
Fabio Cerqueti
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