Mad Hatter The Twin Screamers & The Rat and a long tale
Tratto da Axe 180, Marzo/Aprile 2013
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Se si guarda al mercato dei pedali effetto per chitarra andando oltre i primi cinque o sei marchi ultra-noti, ci si accorge ben presto di essere di fronte a una vera e propria galassia di produttori che si destreggiano con realizzazioni di tutto rispetto, alle volte con eccellenti e inaspettati risultati.
Lanciando un’occhiata interessata sul suolo nostrano, ci siamo ultimamente imbattuti nelle produzioni di Marco Comunità, 29enne ingegnere romano che lavora con il nome di Mad Hatter (il cappellaio matto di Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie).
La tana del drive
Gli effetti giunti in redazione marchiati Mad Hatter Stompboxes sono due: il the Twin Screamers e il the Rat and a long tale. La filosofia di partenza che si cela dietro a questa produzione è la ricerca della fedele emulazione di due pedali che hanno fatto la storia dell’effettistica per chitarra come l’Ibanez TubeScreamer per il primo (circuito del 1980) e il ProCo Rat per il secondo; ma ammettiamo che si capisce alle prime note come questo cappellaio matto ci tenga molto a dare una sua particolare versione dei suddetti effetti. In ogni caso, dobbiamo fidarci - e perché mai non dovremmo... - delle caratteristiche dichiarate, non essendo stato possibile accedere all’interno degli effetti.
Sui due pedali, solidi e di medie dimensioni, sono riprodotte delle illustrazioni più che ispirate al celebre libro di Lewis Carroll, su un fondo bianco sporco per il Twin e arancione per il Rat. Accattivanti e in tema, ma non proprio chiarissime, le scritte in carattere corsivo. Non abbiamo altra scelta che entrare nella tana del Bianconiglio...
Double scream!
Partendo dal the Twin Screamers notiamo subito che la caratteristica principale dell’effetto è nell’essere esattamente doppio. Prendendo spunto dall’abitudine di molti chitarristi che hanno usato due TubeScreamer o, in generale, due overdrive collegati in serie, Mad Hatter propone direttamente un pedale con due circuiti identici e indipendenti tra loro; per usufruire dell’effetto singolo, basta accendere uno solo dei due footswitch (è disponibile anche una versione realmente “single” chiamata the Mad Screamer).
Per quanto riguarda i controlli, abbiamo, in doppia serie, potenziometri Level, Tone e Drive (posti in verticale), il robusto footswitch citato e un minuscolo switch che permette di passare dal clipping simmetrico (come nell’originale TS808) a quello asimmetrico, per esaltare le armoniche pari e avere un suono più ricco e rotondo. Il pedale è true-bypass, alimentato a pila (9V) o con alimentatore (non incluso). Un LED blu luminosissimo segnala l’accensione.
Il primo passo è stato quello di provare l’effetto insieme alla reissue del pedale originale a cui s’ispira, e dobbiamo ammettere che siamo rimasti felicemente colpiti: a parità di regolazioni, i pedali sono pressoché identici; forse il Twin, che stiamo usando singolarmente, porta con sé un pizzico di gain in più, ma la voce morbida e pastosa è del tutto simile a quella dell’Ibanez. Le premesse del Costruttore sembrano quindi mantenute e non staremo qui a ripetere gli elogi usualmente destinati a questo genere di overdrive. Insomma, dal punto di vista della semplice emulazione siamo già di fronte a un ottimo lavoro; ma sappiamo che le risorse del The Twin Screamers sono almeno... doppie!
Prima ancora di azionare tutti e due i circuiti, le nostre riflessioni su un pedale doppio come questo valorizzano il prodotto: minimo ingombro in pedaliera, funzionalità “doppia” dell’effetto con la possibilità di avere due preset “salvati” e “richiamabili” separatamente. Pensando per un attimo di non usarli insieme (come sicuramente è normale e spontaneo fare), saremo in grado di preparare due suoni diversi, magari un lieve crunch per le parti ritmiche e un overdrive con molto più gain e livello d’uscita per l’assolo. Semplice quanto desiderabile.
Tornando con le orecchie ad assaggiare il the Twin Screamers, sentiamo subito come la distorsione rimanga sempre cremosa anche quando spingiamo il Drive al massimo, anche su tutti e due i circuiti. Possiamo anche usare i due effetti come un doppio booster per far saturare fino a un caldo crunch il nostro ampli valvolare: la sensazione di pienezza sonora è davvero appagante.
Inserendo lo switch che varia il tipo di clipping, notiamo come in effetti il suono si ingrossi e diventi più corposo, con un leggero aumento del livello d’uscita. Nell’intervento dello switch abbiamo riscontrato alcune volte un rumore, amplificato dall’ampli, che ne accompagna l’attivazione. Per tutti gli altri versi il pedale è invece molto silenzioso.
Rat in tutte le salse
The Rat and a long tale propone invece un vero e proprio excursus del famoso Rat, presentando nello stesso chassis tre diversi circuiti per altrettanti effetti: Standard (il Rat primo tipo), Dirty (You Dirty Rat) e Turbo (Turbo Rat). Ognuno prevede una diversa sezione di clipping: per il circuito classico sono usati diodi al silicio, per il Dirty entrano in azione diodi al germanio (un po’ in stile Muff), mentre il Turbo si avvale di due diodi LED; detto questo, non ci resta che scoprire come queste accortezze influenzino il carattere delle distorsioni.
Il pedale offre solo tre semplici potenziometri: Volume, Distortion e Filter, che si comporta come un filtro passa basso, eliminando gradualmente le frequenze più alte. Subito sotto a questi tre controlli troviamo due piccoli switch, uno per intervenire sul clipping (simmetrico/asimmetrico) e l’altro, a tre vie, per muoverci tra i tre effetti disponibili.
Diciamo subito che i controlli sono tutti posti nella parte alta del pedale; questo fa sì che le scritte siano inizialmente poco leggibili, visto che la font usata è molto piccola e purtroppo anche graficamente articolata. Un po’ di pratica e si risolverà il problema!
In alto a destra c’è il luminosissimo LED blu d’accensione. Il pedale è true by-pass, alimentato a pila (9V) o con alimentatore (non incluso).
Per darci subito un’idea del carattere generale dell’effetto, passiamo i primi minuti a switchare freneticamente tra i tre “ratti” proposti. Questo in breve ci fa accorgere che ciò che accomuna le sue tre facce è un timbro dolce e delicato anche quando siamo nel pieno di atmosfere “fuzzose”; in altre parole, una vocalità che non ci aspettavamo e che aiuta il fraseggio a note singole con la sua morbidezza. Insomma un’epifania di atmosfere beckiane aleggia magicamente nella stanza mentre siamo intenti a suonare.
Andando con ordine, il modo Standard c’è sembrato il più granitico di tutti; le frequenze basse risuonano decise e la distorsione le fa gorgheggiare in modo possente e molto dettagliato. Ottimo per le ritmiche in power chord e in generale per un tappeto accordale per via della messa a fuoco sonora anche in presenza di alte distorsioni. Passando al Dirty, il carattere non viene stravolto completamente, ma notiamo delle sfumature importanti: il suono si fa indubbiamente più caldo e lievemente più compresso, la sensazione è quella bella di un timbro “valvolare”, soprattutto quando incrementiamo la quantità di distorsione. A differenza di quello che ci si può aspettare, anche con il potenziometro Distortion a fine corsa il timbro non è mai tagliente e pienamente fuzz. Questa caratteristica è sicuramente da attribuire alla presenza dei diodi al germanio, che producono una distorsione vellutata, aggiungendo al playing una forte sensazione di vocalità. Ci spostiamo quindi sul Turbo e le cose cambiano ancora una volta: il circuito a diodi LED produce un volume d’uscita decisamente maggiore degli altri due modi, ma otteniamo anche un suono che si integra perfettamente con quello appena descritto del Dirty: il timbro è davvero caldissimo e dal sapore valvolare, soprattutto per atmosfere in crunch, ovvero con il potenziometro Distortion a meno di metà corsa; il calore e la pastosità dell’effetto rendono il fraseggio rotondo e grasso, siamo nel paradiso dello slow blues e delle rock ballad.
Il Turbo è sicuramente, fra i tre effetti, quello più versatile, perché, se aumentiamo la distorsione, il risultato cambia parecchio e ci troviamo di fronte a un timbro molto tagliente, degno di un vero fuzz, anche se sempre con un pizzico di acidità in meno. In particolare, i modi Turbo e Dirty ci sembrano le giuste e gustose appendici dello Standard, che sicuramente si comporta a dovere, ma è forse quello con meno verve, o meglio, è quello... standard. Non è una critica o un giudizio negativo, ma semplicemente l’apprezzamento per i timbri più “fascinosi” degli altri due effetti.
Essere passati in continuazione da un modo all’altro ci ha fatto capire uno dei maggiori pregi del the Rat and a long tale: la completezza. Le tre versioni di Rat si completano a vicenda, riuscendo a tirar fuori timbri ottimi e carattere a qualsiasi latitudine: crunch, distorto, fuzz. Sarà difficile riuscire a switchare tra un Rat e l’altro senza toccare i controlli; il Turbo in particolare ha un’uscita molto più alta, quindi avrà sempre bisogno di un’ulteriore regolazione a meno che non si usi come suono lead. Ma, come spesso accade, siamo felici di ritrovarci questo piccolo problema se ciò significa avere più colori sulla nostra paletta.
Hat off
In conclusione, possiamo dire di aver davvero apprezzato i pedali Mad Hatter in prova: fedelissimi ai miti replicati, non rinunciano però a un’anima e a piccole accortezze che li rendono diversi. Alle caratteristiche sonore descritte si aggiunge una qualità davvero ragguardevole che, alla fine dei conti, non si traduce in cifre esorbitanti; anzi, a nostro parere, un altro punto di forza di questi pedali è proprio il loro rapporto qualità/prezzo. Insomma, di fronte a questo Mad Hatter non resta che togliersi il cappello!
Luca Ferrara