Da un punto di vista umano e artistico quali sono stati gli adattamenti a cui ti sei sottoposto per “rinascere” gypsy?
Ho dovuto studiare da capo, da zero. Imparare il repertorio, il linguaggio. Suonare dal vivo senza amplificatore, senza effetti, solo il suono acustico dello strumento ripreso da un microfono… Non hai i suoni lunghi della chitarra elettrica, devi completamente reinventare il fraseggio, tenendo conto che non hai tanti aiuti dal punto di vista esecutivo. C’è voluto un sacco di tempo, anni di insuccessi, ma adoro le sfide.
E dal punto di vista tecnico? Ci sono cose che hai dovuto approfondire o studiare ex-novo?
Suonare su una chitarra tipo Selmer Maccaferri non è facile come suonare su una Strato o una Martin. Tecnicamente devi sviluppare una capacità nelle due mani che ti permetta di suonare bene, con un gran suono senza… farti del male. Così come nel flamenco, la chitarra gypsy ha tecniche tutte sue per quanto riguarda il plettraggio, la posizione della mano destra sulla cassa e di quella sinistra sulla tastiera. Mentre prima utilizzavo molto le scale come punto di riferimento per improvvisare nel rock e nella fusion, nel gypsy le scale sono solo un colore, si improvvisa con gli arpeggi. Sviluppare questa tecnica mi ha permesso di migliorare moltissimo anche sull'elettrica. Quando suoni pensando a un’idea che sta intorno a un arpeggio hai già vinto. Mentre il mio vecchio sistema da chitarrista elettrico, con un impianto base che fa leva sulle scale, mi limitava molto dal punto di vista melodico e creativo in genere.
Hai rapporti d’amicizia con chitarristi famosi, in particolare Stochelo Rosenberg, che è anche ospite del tuo disco; quale è stato il suo apporto?
È stato Stochelo a suggerirmi di realizzare questo CD. Non era nelle mie intenzioni, ma lui mi ha incentivato, mi ha “sbloccato”. È un grande musicista, ha una storia e un talento fuori dal comune, ma è anche una grande persona e io ho l’onore di averlo come amico. La mia idea era che lui avrebbe suonato su due o tre tracce, invece ha voluto suonare tutto, soprattutto le mie composizioni. Per questo ho chiamato il CD La Touche Manouche, in suo onore e del suo omonimo brano [presente sul disco]. Il CD è stato registrato in due riprese, a casa mia a Otranto e ad Almere, vicino Amsterdam, in Olanda.